guardiadifinanza2_3.jpgAvevano minuziosamente «programmato il fallimento della loro società “spogliandola” completamente di attrezzature, merci, dipendenti e finanziamenti – per un valore complessivo di 13.356.000 di euro -, trasferendo i beni presso una società controllata bosniaca, la Sad Est d.o.o.». Ma la guardia di finanza li ha scoperti: è così scattato un provvedimento di arresto per due fratelli imprenditori di Forlì, di 41 e 42 anni, – ex titolari di una nota ditta che produceva calzature antinfortunistiche – e di un imprenditore bosniaco di 57 anni, indagati, a vario titolo, per bancarotta fraudolenta transnazionale, infedeltà patrimoniale, ricorso abusivo al credito e truffa. Sequestrati beni e immobili per un valore di oltre 13 milioni di euro.

Gli arresti e i sequestri I militari del nucleo di polizia tributaria della GdF di Firenze hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, su richiesta del Pm fiorentino Paolo Barlucchi, nei confronti dei due fratelli e dell’industriale bosniaco. Al momento, solo uno dei due imprenditori forlivesi, il più giovane, è stato rintracciato. Al momento dell’arresto, nella villa in provincia di Forlì, l’uomo avrebbe cercato di fuggire e di nascondere dei soldi, in parte nascondendoli nelle fioriere, in parte gettandoli, chiusi in un bauletto da moto, oltre il muro della villa, per una somma complessiva di 60mila euro. Perquisizioni anche in provincia di Roma, Milano, Forlì, Ravenna e Teramo.

L’indagine Il provvedimento nasce da una complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura di Firenze e svolta dalle fiamme gialle fiorentine, in seguito fallimento della F.C. srl – operante nel campo della produzione di calzature e prodotti antinfortunistici (già Sad Plastic srl) – che «ha permesso – spiega la GdF – di portare alla luce un sodalizio criminale che ha organizzato e materialmente eseguito la spoliazione di tutti i beni aziendali della predetta società, in danno dei creditori». Secondo gli inquirenti, il fallimento era stato programmato nei dettagli. L’indagine è scattata a Firenze, anche se l’attività produttiva dell’azienda, poi trasferita in Bosnia, si svolgeva a Teramo e in provincia di Forlì, perché circa un anno prima del fallimento i due fratelli avevano spostato la sede legale a Firenze. Inoltre, anche le quote sociali della società bosniaca, inizialmente intestate ai due imprenditori, sono state poi cedute all’imprenditore bosniaco, già loro dipendente.