«La squadra dell’Isola che non c’è è la dimostrazione lampante che lo sport deve creare spazi e offrire opportunità a tutti, che lo sport è innanzi tutto cura e responsabilità, oltre che agonismo». A dirlo l’assessore allo sport del Comune di Bibbiena Francesca Nassini in merito alla squadra “Il tallone di Achille”, costituita da giovani con disabilità e operatori del Centro diurno di Bibbiena “L’Isola che non c’è”, gestito dalla Cooperativa Koinè. La squadra sarà protagonista domenica 25 marzo alla quarta edizione del “Galà dello Sport di Bibbiena”, presentato dal giornalista Massimiliano Cocchi, casentinese che per amore del suo lavoro e dello sport si è trasferito a Milano dove ha collaborato, tra gli altri, con Sky e Radio Capital. Una presenza importante per raccontare lo sport di Bibbiena con i suoi protagonisti, le storie di vita, i traguardi umani e professionali.
Il presidente onorario Pesci: «Squadra senza eguali» «Un paio di mesi fa – spiega Elisabetta Pesci, coordinatrice del Centro e presidente onorario della squadra – gli operatori, con il supporto dei genitori dei ragazzi, hanno deciso di iscriversi ad un torneo di calcetto promosso dalla Uisp con una squadra che non ha eguali di nome e di fatto. Non è stato semplice farla nascere, l’idea era quella di coinvolgere anche altri centri della zona e tuttora siamo pronti ad accettare rinforzi. Comunque ci divertiamo tanto, diciamo che l’idea della permanenza in campo è ciò che perseguiamo davvero. Se vinciamo o facciamo un pareggio ho promesso una cena per tutti; vediamo come andrà a finire».
La formazione In campo scendono tre utenti e tre operatori, con questa formazione: in porta Matteo Rialti, a centrocampo Federico Frisone, in difesa laterale Piero Mellini e Palvi Rani, come libero Jasmine Renda, ai servizi tecnici e ala di fascia c’è Rama Niang, l’allenatore è Federico Pinotti, i motivatori atletici Anna Tavanti e Giuliano Riccitelli. Ma i sostenitori sono tanti: Nunzio Frisone ha comprato le tute, l’associazione Tennis Bibbiena ha offerto il campetto, mentre l’associazione Casentino Disabili ha contribuito con l’iscrizione al torneo e a tanto tifo. Obiettivo del progetto, oltre al fare movimento come condizione indispensabile per il benessere psicofisico, è di incontrare altre persone e stare insieme. Il campionato prevede la sfida tra 8 squadre miste, sparse in tutta la provincia. «Non è la prima volta che si individua uno strumento di benessere e un volano terapeutico nello sport, idea ormai consolidata nella letteratura scientifica – prosegue Pesci – ma il calcetto serve anche a confrontarsi con i propri limiti, non solo per quanto riguarda gli utenti, ma anche per gli operatori che devono riuscire ad amalgamare i pazienti e lavorare su di loro per individuare possibili risorse, inoltre è un modo per valorizzare una dimensione che nella disabilità psico-fisica è estremamente sottovalutata, cioè il corpo. Così si dà valore al corpo imperfetto di cui noi amiamo definirci fanatici».
L’allenatore Pinotti: «Anche chi non gioca viene a fare il tifo» «Per ora abbiamo disputato due partite, entrambe perse – spiega l’allenatore Pinotti – però ci sono realtà che hanno anche 18 giocatori e che esistono da 10 anni. Invece, dei nostri utenti del centro (una decina), possono giocare solo in 4, per questo ci servirebbero altri volontari. L’allenamento, una volta a settimana, prevede qualche giro di campo, se riescono a farlo, dei passaggi di palla e dei tiri in porta. Comunque tutto serve per dosare le energie, conoscere i limiti del proprio corpo e aiutarsi a vicenda. Poi anche chi non gioca viene alle partite a fare il tifo».
Il motivatore Riccitelli: «I ragazzi sentono l’agonismo» «Matteo, il portiere, spiega agli altri i moduli di gioco, il 2-1-1 – precisa Riccitelli – poi quando gli altri tirano si scansa, ma quando perdiamo si arrabbia e dice in modo colorito che le altre squadre fanno pena. Comunque i ragazzi hanno risposto bene, aspettano il momento dell’allenamento, delle partite, sentono l’agonismo e hanno voglia di incontrare altri ragazzi come loro, reagiscono con entusiasmo».
Sport e non solo al Centro Diurno Il Centro diurno è aperto da 4 anni, ospita 10 utenti, perlopiù tra i 18 e i 25 anni, ma potrebbe ospitarne altri perché non tutti ci stanno sia la mattina che il pomeriggio. È strutturato come una casa, i ragazzi ci stanno volentieri perché possono fare la vita di tutti i giorni: al mattino preparano la lista della spesa, vanno insieme al supermercato, cucinano e mettono apposto. Diverse le attività realizzate, come i pomeriggi in piscina o i laboratori di teatro (in corso da tre anni insieme allo psicologo Francesco Ridolfi), oltre all’orto sociale iniziato anno scorso in località Le Monache, a cui possono accedere anche i ragazzi carrozzati grazie a un percorso realizzato dalla Casentino Disabili. Inoltre, vengono organizzati dei fine-settimana di sollievo per sperimentare l’autonomia senza le famiglie, con uscite in pub e discoteche insieme agli operatori.