Quella che segue è l’intervista al segretario regionale del Pd, onorevole Dario Parrini, pubblicata oggi da La Nazione di Siena, intervenuto nei giorni scorsi a Siena ad una iniziativa del partito sul tema delle fusioni tra Comuni. L’incontro era moderato dall’onorevole Luigi Dallai che sul suo profilo Facebook commenta come «I processi di riforma non possono fare a meno del confronto continuo con i cittadini e le istituzioni locali». Rimane da capire se questo confronto è stato attivato anche con i 14 sindaci senesi che nelle settimane scorse firmarono un documento contro le fusioni obbligatorie.
Presto anche in provincia di Siena ci saranno «importanti progetti di aggregazione dei Comuni». È quanto anticipa, senza per ora svelare altro, il segretario regionale Pd Dario Parrini.
Parrini, quattordici realtà della provincia di Siena, alcuni governati dal Pd, hanno chiesto di non imporre accelerazioni sul tema fusioni. Cosa risponde?
«Rispetto le loro idee, ma penso che sbaglino a non crederci. Il Pd regionale, a partire dal congresso del 2014, ha compiuto una scelta chiara pro-fusioni. E intende portarla avanti».
Non crede che i timori di perdita di identità abbiano un fondamento?
«Si possono fare le fusioni senza perdere identità, adottando meccanismi per salvaguardare la rappresentanza e la vicinanza tra amministrati e amministratori. Si possono onorare tradizioni e storia senza far perdere ai cittadini, nel nome dei quali si governa, le opportunità straordinarie garantite dalle fusioni sul piano organizzativo, economico, dei servizi».
In provincia di Siena non ci sono ancora stati referendum. Quali sono le sue notizie e quali gli auspici?
«Non spetta a me entrare nei particolari. Il compito del segretario regionale del Pd è enunciare princìpi generali e battersi affinché siano tradotti in pratica di governo dove il Pd amministra. Posso dire però che in provincia di Siena arriveranno presto operazioni importanti di aggregazione, che costituiranno un esempio dal quale sarà difficile per tutti prescindere».
Con quali vantaggi concreti?
«In Toscana, i Comuni già nati da fusioni hanno la possibilità di investire il doppio o il triplo degli altri in proporzione agli abitanti, di rispondere meglio alle esigenze dei cittadini, di programmare l’uso delle risorse con più efficacia, di abbassare, a differenza degli altri, tasse e tariffe. I vantaggi economici non possono essere l’unica ragione per cui si decide di fare una fusione, ma decidere di rinunciare per ubbidire a riflessi particolaristici e scetticismi retorici significa assumersi una grossa responsabilità nei confronti dei cittadini. In ogni caso credo nella incentivazione, non nella coercizione. Le fusioni si fanno non perché si è costretti, ma perché si guarda lontano, all’interesse a lungo termine della propria comunità. E comunque la parola finale spetta ai cittadini con i referendum».
Qual è il disegno complessivo che secondo lei deve muovere tutto questo meccanismo?
«La consapevolezza che la riforma istituzionale disegnata dal ddl Boschi è fondamentale per il futuro del Paese e per raggiungere una posizione di equilibrio, fertile e non conflittuale, nei rapporti centro-periferia. Ma anche che la revisione costituzionale va accompagnata con una coraggiosa azione innovativa e autoriformatrice degli enti locali. Servono progetti di aggregazione interistituzionale ben calibrati, definendo per ogni zona il massimo desiderabile e il minimo indispensabile. E se necessario procedere per gradi. Ma l’importante è non star fermi, muovendosi sulla base di un piano strategico complessivo, non a rimorchio dell’improvvisazione o di un capriccio».