Marcello Clarich
Marcello Clarich

«Non possiamo più spendere 300mila euro al mese per Siena Biotech». Così Marcello Clarich, presidente della Fondazione Mps, ha affidato alla stampa, il giorno dopo averla presa, la decisione che provocherà la fatale spallata finale a Siena Biotech. E poi se l’è presa con la Regione per non aver concretizzato il finanziamento di 3 milioni di euro promesso ai tempi della Mansi. Ineluttabile? Probabilmente sì. Non si poteva fare in altro modo? Probabilmente sì. Ma il metodo che ha ispirato le mosse di Clarich è inquietante.

fondazione_mpsCosa dicono gli stakeholders istituzionali che l’hanno voluto alla guida della Fondazione Mps? Va bene così? Si comunica via giornale una decisione così drastica che rischia di mettere sul lastrico decine di lavoratori? E l’alibi sarebbe che la Fondazione Mps si limita a dire stop al suo contributo, mentre saranno gli organi di Siena Biotech a determinare gli atti conseguenti? No, la verità è che Clarich sta portando alle estreme conseguenze la linea della cosiddetta autonomia dalla politica. Con questa scusa, Clarich sta prendendo decisioni drastiche e pesanti anche sulla Chigiana; ha ignorato ogni interlocuzione anche istituzionale su Siena Biotech, sta conducendo la Fondazione Mps sulla stessa strada di autonomia – leggasi distacco – dal territorio che è propria della banca. Ma per la banca è “normale”, è così che va il mondo della finanza dopo quello che è successo. Per una Fondazione che dovrebbe rappresentare l’espressione del proprio territorio, tutto questo non ha senso.

Meglio allora chiuderla, se così è e se si potesse. E aprire con il patrimonio che ha l’attuale Fondazione, un altro ente – davvero del territorio – che abbia a cura la cultura e il sociale, attraverso modalità di finanziamento trasparenti, certificate da enti terzi. Ma in cui la città possa avere voce in capitolo. E invece ogni piccolo atto sembra ispirato da una sorta di “punizione” in relazione ai vecchi metodi di ingerenza della politica senese. Non distinguendo tra gli attori reali dello sfascio del passato e i cittadini che ne hanno subito e ne subiscono solo le conseguenze. Ora, anche in termini di non considerazione per il solo fatto di essere senesi.

Bettina Campedelli e Marcelo Clarich
Bettina Campedelli e Marcelo Clarich

Per esempio: c’è da sostituire Bettina Campedelli in Deputazione Generale, dopo il suo passaggio nella Amministratrice come vicepresidente? Bene, l’Università di Siena nomina un senz’altro illustre professore, ma non dell’ateneo senese, bensì dell’Università di Perugia. Perchè altrimenti se è di Siena, chissà che vien fuori. Bene, così facendo al regime dello scempio, si sta sostituendo il pensiero debole dello sradicamento da ogni legame con la città. Il 726 nel proprio codice fiscale va nascosto o sussurrato a mezza voce. Altrimenti i nuovi potenti di Siena si inquietano. Salvo sciacquarsi tutti la bocca con le Contrade e far finta di appassionarsi alle nostre tradizioni più vere e intime.

Per il resto, tornando a Siena Biotech, ha ragione Paolo Neri, che scrive: «Siena Biotech è un altro classico prodotto di quel ‘groviglio armonioso’ che ha ridotto la nostra Città allo sfascio. La Scienza è una faccenda seria, e affidarne le sorti a politici, bancari e avvocati non può che condurre al disastro». E hanno ragione anche i lavoratori della Siena Biotech a scrivere: «Noi lavoratrici e lavoratori non ci riconosciamo nell’immagine di realtà “improduttiva e parassita” e difficilmente accetteremo di perdere il posto di lavoro ma mai accetteremo di perdere la nostra dignità». Nel mezzo doveva emergere il buon senso di una gestione della vicenda, da parte della Fondazione Mps, in cui – al di là del disimpegno – emergesse  quantomeno il rispetto, verso quei lavoratori e verso la città.