Palazzo Sansedoni, sede della Fondazione MpsIl decreto del Ministero del Tesoro che l’8 agosto 1995 sancisce lo scorporo tra Banca Monte dei Paschi e Fondazione Monte dei Paschi, definisce così la neonata Fondazione: «Ente no-profit che ha per scopo statutario finalità di assistenza e beneficenza, nonché di utilità sociale nei settori dell’istruzione, della ricerca scientifica, della sanità e dell’arte, soprattutto con riferimento alla città e alla provincia di Siena». Le parole sono importanti, hanno un senso e allora, aprono a un dubbio di fondo: la Fondazione che si è svenata per star dietro alle follie del Monte dei Paschi del passato, che ha depauperato un patrimonio ricchissimo che era un po’ la cassaforte della storia dei senesi, e che oggi è pronta di nuovo a investire 75 milioni per l’ennesimo aumento di capitale – 15 miliardi in pochi anni – del Monte dei Paschi, è coerente con quella matrice originaria sancita nel decreto di venti anni fa? Non tanto dal punto di vista di codicilli, norme e regole, perchè senz’altro sarano rispettati tutti i parametri di investimento e soprattutto lo statuto rinnovato come ultimo colpo di coda dalla precedente gestione della Fondazione. Uno statuto che ha fatto danni e che le forze politiche – soprattutto il Pd – hanno colpevolmente lasciato varare nel silenzio e senza alcun coinvolgimento della città.

Il dubbio di una difformità sostanziale, direi etica, rispetto a quella mission contenuta nel decreto del 1995, a mio parere è evidente. Basti rileggere la vicenda di Siena Biotech, dove la Fondazione Mps si è comportata come un qualsiasi “padrone” che chiude un ramo secco aziendale. Dice: non potevamo più tenerla in vita. Certo: ma c’è modo e modo. Una cosa interessante sarebbe andare a vedere, per esempio, in quali rivoli siano finiti, in anni recenti, i finanziamenti che venivano alla Siena Biotech dalla Fondazione Usa per la ricerca sul morbo di  Huntington. Altre fondazioni, altri centri di ricerca hanno raccolto ciò che a Siena era stato seminato. Come e perchè sarebbe un capitolo interessante da aprire. E infine: il maggior creditore di Siena Biotech è il Monte dei Paschi (30 milioni). Quale è stato il livello di interlocuzione tra la proprietà della Siena Biotech, cioè la Fondazione Monte dei Paschi e il Monte dei Paschi? Anche questo particolare dovrebbe essere reso pubblico e trasparente. Ma a Clarich interessa comunicare solo una cosa, in questa fase: il suo deciso appoggio alla riconferma di Profumo e Viola. Il resto, per lui, è secondario.

Tornando al dubbio originario sul ruolo della Fondazione: è uscito un lungo comunicato del Pd senese, ricco di incisi, di virgole, di richiami tecnico-politici, di messaggi appena accennati e poi ritratti. Insomma, un esempio classico del cerchiobottismo tipico del Pd senese in materia. Che però due cose interessanti le dice su ciò che dovrebbe fare la Fondazione: soldi alla Fises per dare lavoro ai giovani e attività di “incoming” di investimenti in loco per creare lavoro. E poi, nel finale, un’altra cosa:  “Una Fondazione solo culturale non basta”. Magari il Pd faceva meglio a scrivere a Clarich, insediato a Palazzo Sansedoni grazie ai buoni auspici dei rappresentanti degli enti locali senesi governati dal Pd, e che invece pare avere a cuore solo la Chigiana, di questi tempi .Intanto per il 4 marzo la Fondazione Mps ha organizzato un convegno sui beni culturali ai tempi della crisi. Il finale è già scritto: mancano soldi. Ma ci vuole una Fondazione per sponsorizzare eventi culturali, restauri, concerti? Il problema è che, viste le sciatterie della politica senese del passato, che ha usato i soldi della Fondazione per mantenere il proprio sistema clientelare, e vista la trappola dello statuto varato prima di decadere, adesso i vertici della Fondazione possono godere di un’autonomia che non ha senso, perché ogni richiesta di essere più coerente con la matrice originaria del decreto del 1995, con la sottolineatura della mission “soprattutto per Siena”, verrebbe strumentalmente etichettata come un tentativo della politica senese di rimettere le mani nel gruzzolo.

Così la Fondazione può fare e disfare, a proprio piacimento, restando immersa nelle dinamiche finanziarie, nelle strategie con i pattisti, nelle logiche di aumenti di capitale che ormai appartengono solo al mercato e alla speculazione. Ed è sempre più lontana dalla città, che d’altronde non ha più il coraggio di alzare la voce o di fare proposte. Per esempio: il Comune spende 400 mila euro per circa 100 anziani senesi, per la cui sopravvivenza è necessaria una compartecipazione. E poi ci sono altri 300mila euro di altre spese che riguardano lo stesso capitolo. Spende altri 700mila euro per l’assistenza ad alcune decine di minori, che vivono in famiglie disagiate senza possibilità di autosostentamento. Messe insieme fanno un milione e mezzo di euro circa all’anno. Come vogliamo definirle? Spese sociali, spese di assistenza: siccome le parole sono importanti, sono le stesse che si leggono nel decreto del 1995. Potrebbe essere un campo di intervento della Fondazione, attraverso gli interessi annuali derivanti dagli investimenti opportuni di parte delle risorse – residue – diversificate rispetto al pacchetto Mps. Un segnale di coerenza con quel fatto di essere “ente no profit soprattutto con riferimento alla città e alla provincia di Siena”. Ci vuole più Siena nella mente dei vertici della Fondazione Mps: una città che non ha più bisogno di essere destinataria di dichiarazioni d’amore. Ma di essere amata davvero. Con i fatti, la coerenza di mission e il rispetto della sua storia.