panel clarichUna zavorra, il passato, e una speranza, il futuro. In un difficile equilibrio tra lo ieri e il domani si barcamena il presente della Fondazione Mps e del suo nuovo presidente Marcello Clarich. «La lezione del passato è di insegnamento perché certe decisioni nel tentativo di mantenere il numero magico del controllo ha procurato conseguenze non previste che hanno portato all’indebolimento del rapporto tra banca e Fondazione». Così il nuovo numero uno di Palazzo Sansedoni nella sua prima uscita pubblica ieri sera alla festa de l’Unità di Siena. Secondo lo stesso Clarich sul passato pesano «qualche errore grave» ma anche «un pizzico di sfortuna» evidenziando come se la Fondazione sia passata da un patrimonio di 5-6 mld a 700 milioni non possa essere solo colpa dell’imprevedibile crisi economica del 2008.

La linea Maginot Oggi la Fondazione ha una nuova linea Maginot ben distante da quella degli anni d’oro e della commistione con la politica del potere. Si è passati dal mantenimento a tutti i costi del 51% dell’azionariato della banca alla conservazione del patrimonio residuo. «Oggi la Fondazione è il quinto socio della banca – ha sottolineato Clarich -, ieri eravamo il primo assoluto, e noi, nei limiti del possibile, dobbiamo non rompere il filo esile che collega la Fondazione alla banca». Quel filo sottile ha un diametro del 2,5% anche se arriva al 9% grazie al patto di sindacato con Btg Pactual e Fintech ereditato dall’era Mansi. E quel patto, lo ha sottolineato il nuovo presidente a più riprese, è «indispensabile» come indispensabile è rafforzarlo con altri azionisti.

Il nodo Cda Ma quello stesso patto ha generato una fase di stallo e non pochi imbarazzi. Il tutto è legato alla questione del Cda di banca Mps dove nessuno dei 4 membri nominati dalla Fondazione sembra intenzionato a lasciare la poltrona per lasciar spazio ai rappresentanti dei soci sudamericani come invece sarebbe stabilito dal patto di sindacato. Neanche una lettera inviata ai 4 dalla deputazione amministratrice e la possibilità di un risarcimento (circa 50mila euro ndr) avrebbe persuaso Angelo Dringoli, Marina Rubini, Paolo Demartini e Marco Turchi. Solo quest’ultimo avrebbe dato una disponibilità di massima a lasciare l’incarico e senza remunerazione. La partita va chiusa entro il 10 settembre e, come ha sottolineato Clarich, «non esiste un piano b».

Documento programmatico e dossier su Sansedoni, Sienabiotech e Chigiana Oggi intanto inizia il percorso di consultazione per la stesura e l’aggiornamento del documento programmatico triennale che sarà sul tavolo della deputazione generale per essere approvato entro la fine di settembre. Non dovrebbero esserci sostanziali stravolgimenti rispetto a quello già approvato meno di un anno fa. Ed oggi s’incontreranno per condividere le linee guida I componenti della deputazione generale e quelli della deputazione amministrice. Sul tavolo di quest’ultima intanto approdano i dossier caldi relativi ai progetti propri e alle partecipate della Fondazione Mps, tra questi l’Accademia Chigiana, la Sienabiotech e la Sansedoni Spa. E proprio la società immobiliare rappresenta la zavorra più pesante per i conti della Fondazione. Intanto ieri Clarich ha ringraziato pubblicamente i dipendenti «che hanno accettato sacrificio non da poco di ridursi lo stipendio».

Lo spauracchio aumento di capitale Sul futuro intanto lo spauracchio è quello di un nuovo aumento di capitale di Mps. Clarich è statoclarich festa pd chiaro: «ci auguriamo che non si ponga, ma una valutazione sarà fatta se il problema si porrà. E’ tutto da vedere se ci sarà bisogno di altri fondi nel breve periodo». Per delineare il domani, il successore di Antonella Mansi ha anche rivelato di essersi consultato con il presidente dell’Acri Giuseppe Guzzetti in «una lunga chiacchierata proficua».

Continue richieste di contributi, l’appello: «non inviatele» Ma inevitabile a Siena non parlare di erogazioni, anche quando le risorse non ci sono. Ed il neopresidente ha impattato subito con un sistema che è stato a lungo drogato di contributi ed oggi chiede il metadone degli spiccioli. «Inutile pensare a erogazioni come ai tempi d’oro – ha sottolineato Clarich -, sappiamo di avere risorse molto più limitate e impegni pregressi da onorare». Il presidente ha poi svelato che da quando si è insediato ad oggi sono arrivate richieste di contributo «ma sono carte che non possiamo prendere in considerazione». In conclusione un appello: «Per favore non inviatele più».

Perlomeno fino a quando il futuro non avrà più la zavorra del passato