pane-al-carbone3E’ meglio non fidarsi dei luoghi comuni, di quel “sentire” che sembra frutto della condivisione diffusa e, il più delle volte, è prodotto della pigrizia. Ovvero come andare a Viareggio pensando al fritto misto da mangiare sul molo e scoprire la focaccia fatta col carbone attivo. L’insalata di misticanza e fiori. Le carote, quelle sì, fritte che nemmeno il più abile cuoco di tempura le fa così buone. A questo punto azzarderei un ‘diggiamogelo’ stile Antonio Albanese: un’escursione gastronomica nel cuore della Versilia è più facile immaginarsela all’ombra di una paranza che sulle montagne russe delle scoperte culinarie. O almeno per me lo sono state. A cominciare proprio dalle carote fritte. Avete presente quelle grossotte, che tendono al coriaceo e hanno una larghezza di un paio di centimetri che le fa associare a un cibo per dentature da cavalli piuttosto che da umani? Sì, proprio quelle lì, che spesso restano invendute dal fruttivendolo perché “tanto sono dure” e non le vuole nessuno? Ecco, se si tagliano sottili sottili (probabilmente con la mandolina o un cutter elettrico) e si indorano nell’uovo sbattuto ghiacciato prima di friggerle si trasformano in un antipasto simile ai canestri di ciliegie: si mangiano una dietro l’altra beati e felici fino all’ultima. Dove? Al molo a Viareggio.

Scoperta-distruggi-luoghi-comuni/2. L’idea di mangiare i fiori mi ha sempre affascinato: sono così belli, come potrebbero non essere anche buoni? Ma sapere che l’oleandro ti manda all’ospedale se solo ne assaggi un pezzetto, che alcune orchidee possono essere letali se ingerite a dosi superiori ai 50 grammi, che i fiori della camomilla sono buoni per i decotti ma non per le insalate mi ha sempre trattenuto dallo sperimentare. In fondo, se i fiori li teniamo sul davanzale e le cipolle in dispensa un motivo ci deve pur essere. Quando mi hanno proposto insalata di misticanza con fiori freschi, però, non ho saputo resistere. La curiositá mi ha guidato ed è andata benissimo: era buona e profumata, con una nota quasi dolce, molto gradevole, fresca. Dentro il mio piatto c’erano proprio i fiori, coloratissimi, rossi e arancio, come primule estive e poi uno bianco che somigliava a una pensée e sembravano quello che in fondo erano: corolle in un prato. E non erano tossiche: ne sto scrivendo. Dove l’ho mangiata? In un piccolo ristorante in darsena a Viareggio.

Scoperta-distruggi-luoghi-comuni/3. La schiacciata era nera, come se l’avessere tinta con un colorante. Non aveva il colore, né la consistenza, di quelle impastate con i cereali o la farina integrale. Era una normale focaccia di farina di grano, solo che era nera. Sorrideva dal ripiano alto in un bar vicino alla passeggiata a mare. Mi sorrideva. Possibile resistere? Improbabile. Ne ho assaggiato un pezzo vuoto, semplice semplice proprio per capire bene cosa spinge a inventare la schiacciata col carbone “attivo”, come mi ha spiegato la barista quando le ho chiesto perchë la focaccia fosse color fuliggine. Il sapore era quello tipico della schiacciata vuota, solo il nero era diverso, quindi perché? Solo per l’ effetto cromatico insolito e ideale negli accostamenti artistici? Il dubbio me lo ha tolto la simpatica barista (anche se penso scherzasse) : «Il carbone attivo serve a sgonfiare la pancia».

LA RICETTA. Come si prepara la schiacciata con il carbone attivo ho cercato di farmelo spiegare dalla barista, ma lei ignorava completamente il procedimento e, di conseguenza, anche le quantitá degli ingredienti. Quindi non resta che procedere per tentativi. Io non ho ancora cominciato: fa troppo caldo per accendere il forno.