A seguito di un’articolata indagine della Compagnia della Guardia di Finanza di San Giovanni Valdarno, è stato in questi giorni richiesto dalla Procura della Repubblica di Arezzo il rinvio a giudizio per l’esercizio abusivo della professione di psicologa per una donna che esercitava da anni, senza alcun titolo riconosciuto, la professione di psicologa, psichiatra e psicoterapeuta. La signora praticava da anni psicoanalisi, ipnosi e terapie, prescrivendo farmaci e trattamenti ad ignari pazienti che ritenevano di essere al cospetto di un’affermata professionista.
Dai 40 ai 60 euro a seduta Gli incontri con la clientela avvenivano sia in un locale ricavato all’interno degli spazi di un’associazione culturale di Montevarchi, sia presso uno studio a Firenze dove risultavano apposte le insegne di uno studio psicoterapico. La pratica professionale veniva però opportunamente coperta dal cosiddetto counseling attività affine a quella svolta dallo psicologo. Per ogni seduta veniva percepito un compenso tra i 40 e i 60 euro con una media di due/tre sedute settimanali a paziente che, in alcuni casi, si protraevano addirittura da anni.
71mila euro di proventi non dichiarati La sua attività è risultata negli anni piuttosto remunerativa, rispetto alle incongruenti dichiarazioni reddituali. L’individuazione di un cospicuo numero di clienti ha imposto accertamenti di natura fiscale più approfonditi che hanno permesso di rilevare circa 71mila euro di proventi non dichiarati.
L’apprezzamento per l’operazione dell’Ordine degli psicologi «L’esercizio abusivo della professione è un reato e pertanto deve essere perseguito e sanzionato secondo quanto previsto dalla legge. Definirsi counselor non legittima l’esercizio di attività e atti riservati alla professione dello psicologo, ma si configura anzi come un abuso di professione, aggravato dal fatto che si esercita in un ambito delicatissimo quale quello della salute». A sottolinearlo Lauro Mengheri presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana che aggiunge come ciò che «distingue l’intervento psicologico dagli interventi non psicologici è proprio l’utilizzo professionale di modelli, tecniche o strumenti derivanti dagli esiti delle ricerche scientifiche psicologiche, cioè dagli studi sui pensieri, emozioni e comportamenti. Per questo l’operazione della Guardia di finanza di Arezzo che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per l’esercizio abusivo della professione per una donna che esercitava da anni, senza alcun titolo riconosciuto, la professione di psicologa non può che raccogliere il nostro più vivo apprezzamento».
La differenza tra counselor e psicologo Il legislatore ha riservato allo psicologo regolarmente iscritto all’albo territoriale ogni attività che comprenda «l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità …» (art. 1 L. 56/1989). «Rivolgersi a uno psicologo iscritto all’Albo – aggiunge ancora Mengheri – significa affidarsi nelle mani di un professionista sanitario che ha una laurea quinquennale in psicologia, che ha effettuato tirocini obbligatori per confrontarsi con la professione che andrà a fare, che ha superato un esame di stato per abilitarsi, che si aggiorna costantemente e che è tenuto a seguire un codice di comportamento deontologico e etico. Nel caso sia anche psicoterapeuta significa che ha fatto una ulteriore formazione specifica di almeno 4 anni. Una garanzia insomma per gli utenti e per la loro salute, – conclude il presidente toscano – contrariamente a chi in seguito a un corso non universitario di brevissima durata si definisce counselor».