Alberto Gambino (foto da pagina Facebook di Scienza&Vita)

ROMA “La Regione Toscana ha dato per scontato che, una volta certificati i requisiti nel soggetto, l’aiuto al suicidio diventi a tutti gli effetti una prestazione sanitaria all’interno degli ospedali. E questo è devastante perché una struttura nata per curare viene stravolta nella sua mission”. Così  Alberto Gambino, presidente del Centro Studi Scienza & Vita della Conferenza episcopale italiana e professore di diritto privato all’Università europea di Roma.

“La Regione – prosegue Gambino – si è arrogata delle competenze, indicando una soluzione che neanche la Corte costituzionale aveva prospettato”. Per il giurista non si tratta, inoltre, di “una norma amministrativa ‘perché la sentenza della Corte aveva già definito tutto’; al suo interno ci sono profili che i disegni di legge pendenti al Senato affrontano in modo diverso. Sostenere che sia solo un atto amministrativo è una falsificazione della realtà”. Tra le precondizioni per un eventuale accesso al suicidio assistito, la Consulta inserisce anche un percorso di cure palliative. “Questo invece – sottolinea Gambino – il testo della Regione Toscana non lo dice.

Per il giurista “la legge regionale ha alterato il dettato della Corte”. Tuttavia “era prevedibile che una regione facesse questa fuga in avanti perché il Parlamento è stato colpevolmente e ingiustificabilmente in ritardo”.

Poi, rispondendo a una domanda di AgenSir, l’avvocato Gambino ha detto che “potrebbe verificarsi, e lo spero vivamente un’accelerazione del Parlamento per produrre finalmente una legge nazionale. Toccando temi di competenza nazionale, il Parlamento dimostrerà che la Regione Toscana è andata oltre le proprie competenze. Si aprirà eventualmente un conflitto di cosiddetta attribuzione tra poteri dello Stato. Contestualmente ci potrebbe essere un’impugnativa da parte del Governo rispetto a una legge che si ritiene non di competenza regionale. Due processi che – conclude – dovrebbero avviarsi e procedere in parallelo”.

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