Oltre 220 truffati, in varie regioni d’Italia, nella truffa del pellet proposto a basso costo e che, pur regolarmente pagato dai clienti, invece non veniva mai consegnato. E’ quanto emerge da un inchiesta della Procura di Prato e della Guardia di Finanza alla conclusione delle indagini preliminari. I truffati sono ignari residenti della Toscana e di regioni limitrofe che aderirono alle proposte commerciali pubblicizzate su diverse testate giornalistiche locali e sui social network per la fornitura di pellet a prezzi concorrenziali, con tanto di consegna a domicilio gratuita. Molti sottoscrissero i moduli di acquisto predisposti e versarono, con bonifico bancario, le somme richieste senza tuttavia – nella quasi totalità dei casi – ricevere alcunché in cambio.
La ricostruzione I finanzieri di Prato hanno ricostruito l’attività illecita di una società con sede in Calabria ed unità locale a Prato, i cui amministratori – madre e figlio originari del Cosentino – erano gravati da precedenti di polizia per ricettazione e truffa. L’uomo risultava inoltre indagato per fatti analoghi, precedentemente commessi in Lombardia avvalendosi di un’altra società. Dunque, gli investigatori si concentrarono sul principale conto corrente utilizzato dall’impresa, sul quale – a fronte di più di 1.000 operazioni in entrata, per un totale di oltre 400.000 euro in soli cinque mesi di operatività – sono corrisposti acquisti di merce per soli 36.000 euro. Il denaro accreditato era poi rapidamente prelevato per finalità non attinenti all’attività societaria, con l’evidente intenzione di “svuotare il conto” e far perdere le tracce degli introiti illeciti. Inoltre sono emersi cospicui debiti con l’erario, per oltre 600.000 euro, oltre ad un’esposizione debitoria, di oltre 200.000 euro, per le attività utili ad accreditare la società nel territorio ed infondere fiducia nei potenziali clienti. Anche in virtù delle investigazioni svolte, il tribunale di Cosenza, competente per territorio, ha potuto dichiarare il fallimento della società. L’attività fraudolenta ha suscitato l’interesse mediatico di alcune importanti trasmissioni televisive a livello nazionale; numerose vittime avevano peraltro condiviso un apposito gruppo di “truffati” spontaneamente creato su un social network.