30 novembre Festa della Toscana. Una data che non vuole rappresentare una semplice commemorazione di quanto avvenne nel 1786, quando il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena promulgò la Riforma Penale che abolì per la prima volta in Italia la pena di morte. È una data fondante per la storia e per tutta l’umanità dell’epoca cosiddetta “moderna”, ma anche un grande spunto di riflessione sull’attualità e sul futuro che, in Toscana più che altrove, prova a mettere sotto i riflettori le eccellenze ma anche le criticità del territorio. Il presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci questa mattina, in occasione della seduta solenne per la Festa della Toscana (quest’anno è dedicata al tema “Una storia, tante diversità… ancora in viaggio”), ha messo a nudo molti di questi aspetti che rappresentano ancora un gap di portata regionale. «La Toscana deve seriamente guardarsi allo specchio se vuole ricominciare a parlare di futuro e le istituzioni devono fare la loro parte – ha detto Monaci -, ponendosi seriamente il problema di una emigrazione di ritorno che non muove i passi dei meno qualificati ma quelli dei migliori, di coloro che regaleranno luce e prosperità nei giorni a venire, in altre terre. Si tratta di un dato acquisito e che conferma marginalità e limiti di questa regione».
 
Fermare i cervelli in fuga Secondo Monaci «una terra che foraggi l'emigrazione è una terra con poco o punto futuro» e ha ricordato due esempi recenti di “fuga di cervelli”, formati in Toscana, verso l'estero. Nei giorni scorsi, ha detto il presidente del Consiglio regionale «a Londra il gotha della scienza britannica ha premiato un trentanovenne, Dino Di Stefano, laureato in informatica a Pisa e inventore di una sorta di medicina preventiva per evitare che i grandi sistemi vadano in tilt. Non più di 15 giorni fa – ha ricordato ancora – Ilaria Capua, virologa, specializzata a Pisa, nota alla storia recente per aver per prima isolato il virus dell'aviaria, irrompeva sulle cronache nazionali in quanto pronta andar via dall'Italia. Si tratta di due studiosi che, come altri, sono stati formati nella nostra terra, ma che qui, in Toscana, non hanno trovato l'opportunità di rimanere. Mi pare ovvio – ha concluso – che il problema non sia esattamente quello di giovani più o meno “schizzinosi”. Qui il fatto è più pesante, è strutturale, culturale, di sostanza».
 
Le nuove sfide «C'e' bisogno di un nuovo ordine di priorità e c'è bisogno di una nuova agenda di impegni: in cima alla lista metterei l'opportunità di difendere i paesaggi unici della Toscana medicea, patrimonio davvero unico per il mondo intero e le generazioni a venire e per questo credo che sia doveroso chiedere la Governo nazionale uno statuto speciale per il patrimonio artistico della Toscana, perché se è vero che l'Italia è un paese unico al mondo è anche vero che la Toscana è unica in Italia. La nostra urbanistica e le nostre decisioni devono essere ponderate con rinnovata attenzione. Magari – ha concluso Monaci – stornando risorse imponenti per interventi più urgenti».
 
Preoccupazione su quadro economico Il presidente del Consiglio regionale ha quindi concluso il suo intervento con una riflessione, non propriamente rosea, sul futuro economico e lavorativo della Toscana. «Il documento di programmazione economica e finanziaria della Regione per il 2013, recentemente licenziato dalla Giunta e all'esame del Consiglio, ci offre la fotografia di una Regione che sul fronte dell'occupazione presenta elementi di maggiore sofferenza rispetto a regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Minor tasso di occupazione e maggior tasso di disoccupazione. Addirittura – ha aggiunto Monaci – il nostro tasso di disoccupazione di lunga durata risulta superiore anche alle Marche. Sempre il Dpef 2013 ci registra ancora lontani da quelle regioni per numero di addetti alla ricerca e sviluppo. Ovvero da quel parametro che dà la lettura del posizionamento produttivo di un sistema economico. Maggiore è la propensione ad una riduzione del tasso di addetti alla ricerca e sviluppo in un sistema, più probabile è il realizzarsi del funesto scenario disegnato dall'Irpet alla fine dello scorso decennio, su una Toscana fuori dalla crisi solo dal 2017 con un riposizionamento verso il basso della sua economia, con una riduzione di valore aggiunto ed un indebolimento delle competenze e dei saperi degli addetti al sistema».