Il Ministro Pinotti al suo arrivo

Il Ministro Pinotti al suo arrivo

«La morte di Lele è una ferita ancora aperta per la mamma, per i familiari, gli amici, le città di Siracusa e Noto ed anche per le forze armate: è un vulnus inaccettabile da noi e da tutte le istituzioni dello Stato, occorre ricercare tenacemente la verità ed assicuro la piena disponibilità del ministero rispetto ai lavori della Commissione». Così il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ascoltata in audizione dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Emanuele Scieri, para’ della Folgore siracusano di 26 anni, morto il 13 agosto del 1999 in circostanze non chiarite ai piedi di una torretta della caserma Gamerra di Pisa.

Verità per Lele «Sentiamo forte il dovere – ha assicurato il ministro – di rifiutare la prospettiva che la scomparsa di un giovane, innamorato della vita, presenti ancora oggi diverse circostanze non chiarite». Già 17 anni fa, ha ricordato Pinotti, «era evidente come quel drammatico fatto non potesse in alcun modo essere derubricato ad un ‘tragico evento’, e neppure ad un mero fatto di bullismo. Non poteva esserlo, perché l’inaccettabile e colpevole ritardo nel rinvenimento del corpo di Emanuele Scieri chiamava in causa responsabilità diverse da quelle attribuibili a coloro che, presumibilmente, potevano essere stati i diretti responsabili». La Difesa, ha ricostruito il ministro, dispose un’indagine interna che accertò che «il giovane militare era caduto da quella scala ed era restato per un tempo incredibilmente lungo in un angolo della caserma, senza che nessuno sentisse l’obbligo di avviare delle ricerche anche all’interno della struttura. Si trattava di un fatto grave che, a prescindere dalle cause della caduta, richiamava precisi addebiti per chi aveva la responsabilità di comando della caserma».

Le ricostruzioni In quel delicato passaggio storico, ha proseguito Pinotti, «quando si introducevano importantissime riforme in un settore rimasto per decenni uguale a se stesso, ogni sforzo doveva essere fatto per estirpare definitivamente il fenomeno nonnismo, quale forma di gerarchia parallela e di riproposizione di ‘riti di iniziazione’ che, dalla goliardia, potevano scivolare facilmente nella violenza». Ora, ha sottolineato ancora Pinotti, «abbiamo voltato pagina, sotto molti aspetti. Rifiuto però di considerare fisiologiche quelle storture, quella cultura e quella carenza di professionalità che, in passato, non impedirono al bullismo di prendere forza nelle caserme e tramutarsi talvolta in crimine. Anche per questo, pure a distanza di tanti anni, io non mi rassegno – e con me la Difesa non si rassegna – a lasciare indefinite le responsabilità per la morte di Emanuele Scieri».