E se una donna di oggi si trovasse di fronte l’arcangelo Gabriele? Attorno al tema della maternità si dipana lo spettacolo “Farsi Fuori” in programma venerdì 6 marzo al Teatro delle Arti di Lastra Signa (Firenze). Finalista al Premio In-Box 2019, lo spettacolo vede in scena Marco Quaglia e Luisa Merloni – che firma anche testo e regia – produzione PsicopompoTeatro.

Per gli spettatori distanza di sicurezza Il direttore del Teatro Gianfranco Pedullà  spiega che «la direzione del Teatro delle Arti ha deciso – pur aderendo allo spirito e alle norme presenti nel recente decreto governativo sull’emergenza del virus COVID.19 – di mantenere vive le proprie programmazioni teatrali e cinematografiche. Le attività fino al 3 aprile 2020 saranno limitate a cento spettatori ad apertura di sala; ogni spettatore avrà il posto numerato ad una distanza superiore ad un metro (come prescrive il suddetto decreto). Conseguentemente (in accordo con il Comune di Lastra  Signa) il Teatro delle Arti ha deciso – fino a nuove disposizioni governative – di non sospendere la propria programmazione teatrale e cinematografica per dare un messaggio positivo ai nostri spettatori ma anche per rispettare gli artisti ospiti e il lavoro dei nostri collaboratori».

Lo spettacolo Siamo la prima generazione che sceglie davvero se essere madre o no? E come si arriva a questa scelta? E cosa accadrebbe se una donna di oggi, moderna ed emancipata, magari proprio un’artista contemporanea, si trovasse di fronte all’arcangelo Gabriele venuto per farle l’Annunciazione? “Farsi Fuori” parte da questo humus e lo sviluppa in una chiave comica, dove la comicità, che spesso si nutre di contrasti, illumina il conflitto senza volerlo risolvere. In una società che vede forse per la prima volta una generazione di donne ritardare sempre più la scelta di diventare madri, la maternità, come scelta, come dovere, torna ad essere tema discusso e controverso nonché un nodo nevralgico dove si scontrano spesso visioni differenti sulla vita, la religione, la spiritualità.
Femminismo è una parola che sta tornando alla ribalta del dibattito pubblico. Sempre, irriducibilmente scomoda. Eppure è nel solco del pensiero femminista che troviamo queste parole: margine, eccentrico, nomade. Parole che richiamano un fuori, un luogo vicino ma altro, radicalmente altro, sempre in trasformazione, un luogo che non esiste, se non siamo noi a farlo esistere. Farsi fuori, dunque, per non essere fatte fuori, anche. È un’operazione difficile, ad alto rischio, che può essere continuamente scambiata con “farsi da parte”. Si tratta di ripartire sempre da una scomodità, da questo fuori impossibile, non per fare di questa posizione un dogma o un ghetto, appunto, ma proponendola come prospettiva privilegiata di complessità, dove possono coesistere anche in tensione tra loro, i diversi punti di vista critici sulle problematiche di genere.