Un guadagno di 1 milione di euro grazie a oltre 2150 borse di marca ma rigorosamente finte. E’ il commercio illegale che la Guardia di Finanza di Firenze ha debellato questa mattina scoprendo alla periferia di Campi Bisenzio un opificio del falso ubicato in un capannone. A gestirlo una famiglia cinese (madre, figlio e la moglie di quest'ultimo), ora denunciati all'Autorità Giudiziaria fiorentina per i reati di ricettazione e commercializzazione di merce recante marchi registrati contraffatti.
Truffa organizzata All'interno del laboratorio erano prodotte, con buona fattura, borse in pelle che riproducevano alcuni noti marchi internazionali. L'intero opificio, di circa 300 mq, è stato sequestrato unitamente a: 22 macchinari per il confezionamento degli articoli in pelle (spazzolatrice, tingibordo, rivettatrice, cucitrici, taglia pelle, tranciatrici, incollatrice, scarnitrici, tagliastrisce, punzonatrice); 7 punzoni a marchio contraffatti; 2.150 borse finite; 80 mq di pelli; oltre 14.000 pezzi di minuteria metallica (fibbie, bottoni, lucchetti, ecc.); circa 500 tra cartellini di autenticità e certificati di garanzia.La struttura produttiva permetteva di realizzare borse, come è stato accertato dai periti per alcuni modelli “Hermes”, utilizzando buoni pellami e minuteria metallica e confezionandole con meticolosità ed abilità. I capi erano provvisti di ogni particolare, anch'esso curato nei minimi dettagli: certificato di garanzia, confezione di stoffa, contenitore di cartone. Un prodotto così confezionato poteva essere venduto sul mercato della contraffazione anche a 1.000 euro. Complessivamente la merce sottoposta a sequestro nell'operazione delle Fiamme Gialle avrebbe fruttato un guadagno di circa 1 milione di euro.
Le indagini L'operazione di servizio è scaturita dalla continua attività di controllo del territorio, unita ad una capillare attività info-investigativa, che ha permesso di individuare una ditta di pelletteria apparentemente lecita, ma che in realtà era dedita alla contraffazione “di qualità” di borse delle migliori griffe internazionali, indubbiamente non dirette al mercato degli ambulanti irregolari. La merce era stoccata in un magazzino che si trovava nel retro dello stesso capannone, intestato ad un soggetto cinese ma di fatto nella disponibilità del figlio e nuora della donna.