Andrà all’asta ai primi mesi del 2015 la tipografia fiorentina Nuova Cesat, attiva dal 1986 e dichiarata fallita il 29 ottobre scorso su istanza della Unipol, con venti soci dipendenti della cooperativa che hanno perso il lavoro. Una decisione annunciata dal presidente della cooperativa Fabrizio Toti e dal vice presidente Renato Pacca, che hanno delineato un percorso ormai annunciato. «Per noi era inevitabile – hanno spiegato Toti e Pacca -, da anni cercavamo di tenere duro rispetto a una situazione di declino continuo di piccole pubblicazioni e quotidiani che sono stati alla fine il nostro male. In più c’è stata la rincorsa di queste realtà ad aumentare foliazione e fare pubblicità a colori, che ci ha portato a fare investimenti importanti rivelatisi alla fine un boomerang per tutti ». Tra i problemi principali, la deriva traumatica della Società toscana di edizioni: «La chiusura del gruppo cui facevano riferimento il Giornale della Toscana e Metropoli ci ha lasciato un buco di un milione di euro che non abbiamo mai riscosso».
Le prospettive Cosa sperano ora i soci? L’obiettivo «è non chiudere tutto ma portare avanti in qualche modo l’attività di centro stampa. Siamo tornati alla realtà degli anni ’80 e la chiusura di tanti giornali deve essere un segnale per l’editoria e non solo». La Nuova Cesat aveva rappresentato una novità importante trenta anni fa, perché consentì anche alla piccola editoria di utilizzare la stampa rotativa, fino ad allora riservata ai grandi editori. All’indomani del fallimento, i dipendenti avevano diffuso una nota amara: «A cosa serve buttare in strada i venti soci della Nuova Cesat Coop, quando questi sono disposti a fare immensi sacrifici pur di lavorare? In questo mondo dove comandano le banche a cui vengono regalati i soldi estorti ai lavoratori, dove i governi possono sbagliare le previsioni salvo poi fare manovre correttive, a noi lavoratori organizzati in cooperativa viene riservato un trattamento punitivo e definitivo».