Impossibile anche per i più distratti non notare sui muri di Firenze l’invasione di questi “omini” stilizzati impegnati a raggiungere palloncini, afferrare cuori, salire delle scale, volare via. Disegni semplici, nelle linee e nei colori, tutti abbinati a un messaggio ogni volta diverso: “Exit”, “Enter”, “Fly away”, “Free”, “Love”, “Resistance”. Un invito, un monito e un incitamento alla riflessione che ha scatenato una vera e propria mania, una caccia all’ennesimo disegno per condividerlo sui social, fargli una foto, trovare il motivo di un sorriso o, perché no, di una lamentela. Perché la street art, si sa, ha il grande merito di far sempre parlare di sé, nel bene e nel male. Abbiamo incontrato la mente e la mano di questo progetto – non chiedeteci il nome, vuole rimanere anonimo – che proprio in questi giorni è in mostra in piazza Tavanti per il 3° Puzzle Art Expò (fino al 27 luglio 2014). agenziaimpress.it lo ha raggiunto per un’intervista.
Exit Enter: vero e proprio progetto di street art. Come è nata l’idea e qual è l’obiettivo?
«L’idea è tutt’ora in sviluppo, posso dire come è nato il personaggio: questo “omino” è sempre stato una figura che ha fatto parte dei miei disegni su carta. Negli ultimi mesi del 2013, in seguito a un momento di riflessioni e dubbi sulla vita, mi sono ritrovato ad interagire maggiormente con questo personaggio che si muoveva e parlava nei miei sketch book, fino a che una notte ne ho liberato uno in strada. Inizialmente è partito tutto come un svago, un gioco, diciamo pure che era la mia “uscita”. Solo successivamente mi sono reso conto di avere sempre avuto un obiettivo inconscio ed è successo esattamente quando ho iniziato a riscontrare che i miei disegni riuscivano a strappare un sorriso e a solleticare l’immaginazione degli spettatori in strada. Allora ho capito che fin dall’inizio l’obiettivo del mio personaggio era quello di entrare in contatto con le persone accendendo in loro un pensiero, un’emozione, una domanda».
Il nome del progetto è Exit-Enter, ma spesso appaiono anche altre parole: Love, Free, Fly, Resistance…
«Diciamo che nemmeno io so qual è il nome del progetto perché è in continuo sviluppo: semplicemente ad un certo punto dovevo dare un nome alla mia pagina internet e ne ho scelto uno. Perché proprio questo? Usando nei disegni le parole “exit” e “enter” per indicare una via di uscita da un determinato pensiero o una via d’entrata per un altro, mi sono ritrovato a pensare che non c’è entrata senza uscita e che un’uscita può anche essere un’entrata; mi ha affascinato la possibilità di interpretazione soggettiva di questo dilemma e ho deciso sceglierlo come nome. Tutte le altre parole che utilizzo riguardano la descrizione dell’atto che il personaggio compie nel disegno. Non dirò cosa significano perché mi piace pensare che anch’esse abbiano un’interpretazione soggettiva diversa per ogni persona».
I tuoi soggetti sono molto semplici e ricorrenti: piccoli uomini stilizzati, cuori, palloncini, scale, tutti all’interno di diverse situazioni…
«Sono tutti personaggi che ho sempre disegnato su carta, ma solo negli ultimi tempi mi sono trovato a buttare giù disegni con azioni da fargli compiere in critica a determinati valori della nostra società. I colori utilizzati sono quelli dei miei primi approcci alla pittura – rosso, nero, bianco e grigio – che ho riportato poi sui muri. Il mio personaggio preferito? Dipende dai giorni».
Come scegli i muri su cui disegnare? Ti ispiri a qualcuno?
«Scelgo i muri che mi piacciono stando attento a non essere troppo invasivo: non voglio recare danno, vorrei solo contribuire a rendere più interessanti i muri della città. Per quanto riguarda l’ispirazione, ci sono molti street artist che trovo d’interesse. Direi però che l’ispirazione per me è inconscia, anche perché molti temi di artisti differenti sono simili. Se proprio dovessi citarne qualcuno direi Bansky, Dran, Seth, Blue…».
Cosa pensi dell’arte tradizionale chiusa nei musei e nelle gallerie?
«Penso che l’arte in generale andrebbe valorizzata in qualsiasi contesto, ma andrebbe anche resa accessibile a target di persone differenti. Nel frattempo dovremmo stare attenti a non chiuderci solo in gallerie e musei dando nuovi spazi ad artisti nelle diverse forme d’arte. Ad esempio a Firenze siamo rimasti al Rinascimento. Penso che l’arte sia un continuo mutamento e che abbia bisogno di spettatori per vivere; se non danno spazi e opportunità è logico pensare che sempre più artisti scenderanno in strada a dipingere».
E di artisti di strada come Banksy e Clet?
«Di Bansky apprezzo particolarmente i primi lavori, è fenomenale la maniera satirica in cui si esprime: arriva d’impatto, ti obbliga a riflettere! Di Clet trovo geniale l’idea di intervenire sui cartelli stradali, ha trovato il modo di obbligare anche il più distratto passante a vedere l’opera, visto che i cartelli stradali sono osservati da tutti ogni giorno».
Cosa rispondi a chi pensa che questo tipo di arte sia un atto di vandalismo?
«Sono liberi di pensarlo, ma se non vogliono essere ipocriti che inizino a lamentarsi anche per svariati cartelloni pubblicitari che inquinano le nostre città».
Un pensiero a piacere…
«Spero in un’invasione d’arte per le strade fiorentine e che sempre più persone entrino in contatto con le opere degli artisti esprimono sui i muri».