Robot Octopus - the life-like Octobot can sense, squeeze and grab objects - just like a real octopus. Developed by scientists Richard Bosner (Reader of Biomimetics and Design at Brunel University) and Cecilia Laschi (Associate Professor of Biomedical Engineering at Scuola Superiore Sant'Anna Educational Institute, Pisa, Italy) the robot's abilities mean it could be used to repair underwater structures like oil pipelines - or even perform marine search and rescue. Front view of whole object against black background.

La ricerca italiana si conferma leader mondiale nell’ambito della “soft robotics”, quella punta avanzata della robotica che utilizza materiali soffici per i suoi progetti e per le sue realizzazioni. Il nuovo riconoscimento arriva oggi da Science che, per il primo numero di Science Robotics – nuova rivista del gruppo editoriale – pubblica un articolo a firma di scienziati dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e dell’Istituto Italiano di Tecnologia, istituzioni protagoniste di altrettante “rivoluzioni soft”, per aver creato i primi robot al mondo, ispirati rispettivamente al polpo (“Octopus”) e al mondo vegetale (“Plantoid”). La robotica soffice italiana si conferma dunque fonte di ispirazione per gli scienziati di tutto il mondo, a giudicare dall’articolo su Science Robotics, firmato da Cecilia Laschi e Matteo Cianchetti (Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna) e Barbara Mazzolai (coordinatrice del centro di MicroBioRobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia), i quali definiscono il termine “soffice” riferito alla robotica (dall’inglese “soft robotics”). Con questo si indica l’utilizzo di materiali morbidi o strutture deformabili, diversi da quelli convenzionalmente usati in questo campo (metallo e plastica rigida), ma che porta anche a un approccio “soft” nell’interazioni con l’ambiente circostante e l’uomo e alla morbidezza dei movimenti.

octopus_armLa robotica diventa soffice Dopo una breve descrizione dell’evoluzione della “soft robotics”, l’articolo presenta i risultati ottenuti, declinando l’analisi delle tecnologie riferendole alle abilità – le capacità di compiere determinate azioni – che i robot hanno raggiunto. In robotica, infatti, sono le abilità che danno la misura del progresso tecnologico ottenuto. Su Science Robotics si mettono in evidenza e si descrivono le abilità raggiunte grazie all’utilizzo di materiali morbidi o di strutture deformabili nel progettare e realizzare i robote si indicano anche nuove prospettive di ricerca. Adesso la “robotica soffice” è pronta per lanciarsi in nuove sfide e per delineare le caratteristiche dei prossimi robot che saranno progettati, destinati a interagire sempre più spesso con gli esseri umani. Saranno in grado di mutare forma e aspetto, si muoveranno più agilmente negli ambienti naturali, interverrano in ambienti critici, come spazi angusti, e impareranno come compiere queste azioni. In questo contesto lo studio della natura e lo sviluppo di tecnologie che imitano le strategie adottate dagli organismi viventi – la bio-ispirazione – risulta fondamentale. I robot del futuro saranno ispirati sia dal mondo animale sia da quello vegetale, proprio come “Octopus” e “Plantoid”. Le nuove e oggi inattese abilità dei “robot soft” permetteranno loro di essere estremamente versatili e utilizzabili in numerosi ambienti, come le sale operatorie, le industrie, dove è necessario un approccio “soft” per la delicatezza di prodotti e materiali da manipolare (ad esempio per confezionare la frutta o le uova) e perfino in casa, ad esempio per aiutare le persone anziane o con difficoltà motorie nel fare la doccia.

Lo studio «Le tecnologie di robotica soft – spiega Cecilia Laschi, Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna – permettono di ottenere nei robot abilità non immaginabili prima, come quella di crescere, di schiacciarsi, di rimarginarsi, di cambiare forma, di evolvere, aprendo nuovi scenari per realizzare robot integrabili con più facilità nelle nostra vista quotidiana». «Esiste una convergenza ideologica e tecnologica – sottolinea Barbara Mazzolai, tra la soft robotics e la robotica bioispirata. I robot di domani sono ispirati al mondo della natura e sono sempre più simili agli organismi viventi, ad esempio in termini di comportamento, per le capacità sensoriali e per quelle locomotorie, per i materiali». «I robot soft aprono scenari interessanti di ricerca – aggiunge Matteo Cianchetti, Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna –  per molte tecnologie innovative. I movimenti di robot costruiti con materiali morbidi sono più simili alle contrazioni tipiche dei muscoli degli esseri viventi che a quelli dei motori, la percezione richiede sensori morbidi e deformabili e la fabbricazione di robot soft richiede tecniche e macchine che permettano di modellare forme da materiali come il silicone».