«Serve una programmazione puntuale sui piani colturali. In un’estate come questa, dove i campi devono fare i conti con due mesi e mezzo di temperature fra i 35 e i 40 gradi, anche le colture primaverili-estive, come mais e girasole, soffrono la siccità, e gli impianti di irrigazione da soli non bastano». Lo sottolinea Andrea Sisti, presidente del Consiglio dell’ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali (CONAF), intervenendo sull’eccezionale siccità che sta colpendo l’agricoltura italiana in questi mesi.
Danni ingenti «Circa il 35% della produzione lorda vendibile è andata persa a causa della siccità; anche i girasoli, resistenti a caldo e siccità, sono in gran parte dei casi già secchi. Inoltre – aggiunge Sisti – se nel prossimo autunno non ci saranno piogge consistenti e in inverno nevicate abbondanti, possiamo già prevedere gravi difficoltà anche per l’annata 2013. Una buona programmazione dei piani colturali (con specifiche tecniche di aridocoltura) è necessaria – anche per i sempre più elevati costi per l’irrigazione – che tenga in considerazione le colture che devono essere approntate nel periodo autunnale-vernino e lasciare le colture primaverili estive colture che necessitano di minore risorsa idrica». L’acqua è determinante per le colture primaverili-estive (come mais e girasole); così come per le colture ortive: «Nonostante i mezzi di irrigazione esistenti, questo periodo di lunga persistenza di siccità – commenta Sisti -, e le condizioni atmosferiche, determinano un’evapotraspirazione molto elevata tale da determinare sofferenze rilevanti della vegetazione coltivata. Per le colture annuali il danno non è permanente ma limitato alla stagione; mentre per le colture pluriennali come ad esempio l’olivo – tipico dell’area mediterranea – si determinano danni in modo temporaneo e non dovrebbero riguardare le annualità successive»
Emergenza incendi Oltre alla siccità è emergenza incendi. «L’incendio quando colpisce i terreni a seminativo (coltiva erbacea) provoca un danno per l’annata in corso, poi – aggiunge Sisti – questi terreni riprendono, anzi, fanno bene per le disinfestazione delle piante infestanti, svolge anche una funzione “di miglioramento”. Per le colture arboree il danno è invece rilevante perché determina la soppressione della coltura per gli anni a venire. Si devono fare interventi di dicioccamento o anche di estirpazione-reimpianto quando l’evento è molto intenso. Ulteriore aspetto riguarda i boschi: dopo un incendio il bosco inizia a produrre dopo dieci anni. E nei primi anni, soprattutto nelle zone a rischio idrogeologico gli incendi possono verificare determinare conseguenze sulla stabilità dei versanti, del territorio dove gli incendi determinano la perdita della vegetazione arborea. E in questi casi l’azione di prevenzione è molto importante».