ROMA – Attualissima, precorritrice in Italia del tema da cui oggi dipendono le sorti del Pianeta, vale a dire la cura dell’ambiente, la legge 11 giugno 1922, n. 778, meglio nota come Legge Croce, compie cento anni ed è stata ricordata nella Sala Zuccari del Senato, con un convegno promosso dalla Fondazione Biblioteca Benedetto Croce.

“La legge voluta da Croce segnò un vero e proprio spartiacque nella legislazione ambientale del nostro Paese” ha detto Piero Craveri, presidente della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce “introducendo uno specifico regime di tutela per le “bellezze naturali” e per gli “immobili di particolare interesse storico”. A distanza di un secolo, abbiamo voluto ripercorrere la genesi di quella norma e riflettere sulla sua eredità, ma anche sui complessi problemi che le necessità odierne – l’emergenza energetica e la transizione ecologica, anzitutto – pongono alla tutela del paesaggio”.

Genesi e approvazione della legge 778/1922 La legge rappresentò il culmine di un importante percorso di mobilitazione in difesa del paesaggio animato in Italia da intellettuali, giuristi e studiosi di altre discipline, giornali e opinione pubblica, affondando le sue radici, oltre che nella legislazione degli Stati preunitari, in un contesto culturale che agli inizi del Novecento vide la diffusione di numerosi movimenti per la conservazione del paesaggio in tutta Europa. Ministro della Pubblica Istruzione durante il quinto governo Giolitti (1920-1921), Croce presentò il disegno di legge in Senato il 25 settembre 1920. In seguito alla caduta del governo, avvenuta l’anno successivo, dopo il necessario iter parlamentare, la legge fu approvata nel 1922.

I princìpi fondanti della tutela Nella Relazione introduttiva che la accompagnava, Croce enunciava alcuni concetti fondamentali, che avrebbero costituito le pietre angolari di ogni successiva azione politica a difesa dell’ambiente e del patrimonio storico e artistico. Vi sottolineava la necessità di una norma che ponesse “finalmente, un argine alle ingiustificate devastazioni che si van consumando contro le caratteristiche più note e più amate del nostro suolo”, al fine di “difendere e mettere in valore, nella più larga misura possibile, le maggiori bellezze d’Italia, quelle naturali e quelle artistiche”. Ciò rispondeva ad “alte ragioni morali e non meno importanti ragioni di pubblica economia”.

La tutela del paesaggio, per Croce, si connette inoltre alla formazione dell’identità nazionale, poiché il paesaggio “altro non è che la rappresentazione materiale e visibile della patria, coi suoi caratteri fisici particolari (…), con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli”. Princìpi che avrebbero attraversato tutta la legislazione successiva in materia, giungendo fino ai nostri giorni, con la riforma dell’articolo 9 della Costituzione, la prima al mondo a porre la tutela tra i fondamenti costituzionali dello Stato (art. 9, comma 2: La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione).