Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni anno si ammalano di un Disturbo dell’Alimentazione 500.000 ragazze e 1 su 10 muore. In Italia si ammalano oltre 9.000 nuove persone ogni anno, soprattutto nella fascia di età tra 12 e 25 anni, in prevalenza bambine o giovanissime adolescenti, con un trend in costante crescita.
Siamo quindi di fronte a un’emergenza anoressia, bulimia e obesità nei bambini e negli adolescenti, di cui si parlerà a Firenze in un convegno, venerdì 17 aprile presso l’auditorium del CTO, Azienda Ospedaliera Careggi. Le conseguenze, anche gravi, nella sfera sociale, familiare, affettiva e scolastica dell’individuo saranno oggetto di trattazione da parte dei massimi esperti italiani che confronteranno le numerose metodologie d’intervento.
Linea comune per affrontare queste difficili patologie è quella di avvalersi di una équipe multidisciplinare, che preveda l’intervento del medico, dello psicologo/psicoterapeuta e del nutrizionista.
Promotore del convegno è l’Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva (IPSICO) di Firenze, diretto dal dott. Gabriele Melli, che ha invitato gli «addetti ai lavori»: dai neuropsichiatri infantili ai pediatri, dai nutrizionisti agli psicologi e psicoterapeuti. Obiettivo è facilitare l’integrazione delle rispettive esperienze professionali e massimizzare l’efficacia dei trattamenti a beneficio, oltre che dei pazienti, anche delle loro famiglie, che quotidianamente si trovano ad affrontare questa emergenza.
«La complessità dipende da numerose variabili psicologica, medica e nutrizionale tendenza alla cronicizzazione e alle ricadute, frequente comorbidità psichiatrica, possibile evoluzione verso altri disturbi psichici. Molta attenzione deve essere rivolta alla prevenzione – spiega il presidente dell’Ordine degli psicologi della Toscana Lauro Mengheri che parteciperà ai saluti istituzionali alle 9 e poi interverrà alle 9,30 – individuando modalità che non focalizzino solo sul cibo e sulle forme corporee. Dobbiamo confrontarci con la criticità posta dalle modalità preventive dell’obesità, che spesso focalizzano i bambini e le famiglie sulle forme del corpo e fanno sentire inadeguati e “brutti”, innescando circuiti di valutazione di sé attraverso l’aspetto corporeo e il controllo di questo, che costituiscono ulteriori fattori di rischio per lo sviluppo di DCA».