La grandezza di Scirea stava nella sua normalità.
Scirea era un campione favoloso. Ma anche una persona normale.
Oggi, sarebbe più difficile: esposti ventiquattr’ore al giorno al bombardamento mediatico di tv, radio e social network, finiscono per diventare personaggi anche le persone più grigie e insignificanti della terra…. Quelli di Scirea, invece, erano tempi dove la sintesi si trovava più facilmente.
Però ci sarebbe anche l’educazione. E il buonsenso. E queste sono cose che non hanno tempo.
Scirea era un campione anche in queste cose qui. E capisco che sembra merce fuori moda, ora che si è campioni solo in virtù di quello che si vince e delle copertine che ti dedicano.
Non cadrò nel tranello della nostalgia un tanto al chilo. Quelli che dicono sempre e invariabilmente «era meglio prima…» . Non ho nulla da eccepire sulla Ferrari di Balotelli, o di De Rossi, o di Bonucci… D’altronde, a qualcuno, la Ferrari debbono pur venderla.
Però le esagerazioni a tutti i costi, non mi convincono più. L’essere sempre e costantemente sopra le righe, alla fine, stufa. E i nostri campioncini attuali, sopra le righe sembrano abitarci di casa.
Non dico, insomma, che Hamsik, o Nainggolan, o Pogba non si debbano pettinare come vogliono. Però mi sembra impossibile che non ci sia nessuno, intorno a loro, che gli sussurri che conciati in quel modo non sono affascinanti personaggi underground. Sono, invece, ragazzi abbastanza ridicoli.
Non mi danno affatto fastidio i tatuaggi di Pinilla del Genoa: può farseli quanti ne vuole. Ma vi giuro che a vederlo mi sembra diventato una crocefissione del Mantegna. E mi mette addosso una pena che non vi dico.
E El Shaarawy, che mi sembra anche un tipo intelligente, con quello spazzolone in testa è soltanto brutto.
Mi piaceva Scirea. Perché per far capire che era un campione, non aveva bisogno di accessori. Gli bastava il suo talento, la sua classe e la sua eleganza.
Per vincere tutto.