3dnextech_teamDa una spin off dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa arriva il primo dispositivo al mondo, anche con dimensioni da scrivania, per rifinire gli oggetti in materiale plastico stampati in 3D, rendendoli lucidi e lisci come una palla da biliardo in meno di un minuto, eliminando quei fenomeni come la superficie ruvida, la porosità, l’effetto scalino che caratterizzano la stampa tridimensionale, anche quella effettuata con i sistemi che adottano le tecnologie più avanzate. Il “3DFinisher” – questo il nome del dispositivo – sarà presentato in anteprima dalla spin off italiana “3DNextech”al “Technology Hub”, manifestazione dedicata alle tecnologie più avanzate dal 7 al 9 giugno a Milano, con un focus dedicato proprio alla stampa in 3D.

L’innovazione Il sistema nato in Italia, che arriverà sul mercato in autunno nella versione “desktop”, è destinato a portare una piccola rivoluzione per il mondo della stampa in 3D, sempre più diffusa ma vincolata dal dover “rifinire” gli oggetti con tecnica manuale o, al limite, utilizzando speciali solventi, sempre in modo artigianale e con tutti i limiti nelle potenzialità di utilizzo e nei risultati che tali metodi comportano. Grazie al dispositivo si ampliano perfino gli ambiti di utilizzo della stampa 3D, coinvolgendo settori finora di solito esclusi, come quelli del design e della moda, che necessitano di oggetti “perfetti” dal punto di vista estetico.  Prima del “3DFinisher”, secondo i promotori della spin off con sede a Livorno, le procedure per ottenere un finitura superficiale ottimale erano laboriose e costose.  Il sistema che sarà presentato a Milano, invece, può essere simile nelle dimensioni e nell’aspetto a una stampante da tavolo connessa al pc (ma può anche avere dimensioni maggiori, per utilizzi industriali),  è rapido e agevole. La ricerca italiana ha dunque individuato il sistema complementare alla stampante in 3D, per rifinire e “ripulire” gli oggetti realizzati in 3D con materiale plastico, rendendoli addirittura lavabili. Il “3DFinisher” è il primo prodotto ideato e realizzato da “3DNextech”, che “vuole progettare ed ideare soluzioni innovative – spiega l’amministratore delegato Andrea Arienti, che da ricercatore ha collaborato con il team della professoressa Cecilia Laschi allo sviluppo dei primi robot soft – per la manifattura e per la stampa 3D, focalizzandosi nelle fasi di pre-produzione e post-produzione, per migliorare e, per la prima volta, automatizzare i processi.” La rifinitura superficiale degli oggetti realizzati con la stampa 3D è dunque un problema, almeno fino all’arrivo del “3DFinisher”. Coloro che ne fanno un utilizzo “non professionale” si servono di resine epossidiche e tecniche di rifinitura con lime ed utensili simili, ma l’applicazione è laboriosa e non può garantire una lavorazione approfondita, soprattutto per alcune parti interne e su oggetti molto piccoli. L’unica possibilità è ricorrere alla lucidatura manuale ma, oltre a richiedere tempo, non è in grado di garantire risultati ripetibili e non rende possibile un risultato in serie. Dal punto di vista industriale, le uniche soluzioni disponibili vengono rappresentate da costose macchine sabbiatrici, che richiedono ore e che non garantiscono risultati di alto livello. In queste difficoltà si ritrovano tutti gli utilizzatori della tecnologia di stampa 3D, dal privato e dal laboratorio che fabbrica piccoli oggetti, alle grandi aziende costrette a creare processi di rifinitura costosi, da inserire al termine della catena produttiva.

Come funziona Nel “3DFinisher” l’oggetto viene sottoposto all’azione di un solvente vaporizzato, capace di lavorare in maniera del tutto omogenea anche particolari molto articolati, garantendo operazioni rapide e replicabili in serie. In meno di un minuto, l’oggetto in materie plastiche (come Abs o acetato di cellulosa) è definito alla perfezione, liscio e senza alcun tipo di asperità superficiale. Questo non è l’unico pregio della lavorazione. Gli oggetti trattati con il “3Dfinisher” presentano notevoli miglioramenti estetici, meccanici, funzionali. Oltre alla finitura lucida che ne esalta l’estetica, risultano impermeabili, più resistenti all’usura, non si sporcano, sono lavabili e possono essere vernicitati. Tali caratteristiche aumentano i campi di applicazione degli oggetti stampati in 3D, ad esempio la lavorazione rende possibile la realizzazione di tutori e protesi biomediche con elevata resistenza allo sporco ed all’usura, lavabili e disinfettabili. Le possibilità di affermazione sul mercato sono alte, perché numerosi sono i campi di utilizzo del “3DFinisher”. «L’ambito primario di utilizzo – spiega l’amministratore delegato Andrea Arienti – sembra essere quello delle aziende che utilizzano la tecnologia di stampa 3D ma il dispositivo ha fatto breccia in altri settori e in grandi aziende che realizzano componenti in abs e in acetato di cellulosa, interessate al nostro trattamento superficiale innovativo. Abbiamo ricevuto un forte interesse dal mondo della moda e del design. I notevoli miglioramenti estetici ai prodotti stampati in 3D – continua Arienti – hanno contribuito ad attirare designer, architetti e progettisti che avevano scartato la stampa perché non in grado di creare oggetti con una buona qualità estetica».