Io, naturalmente, facevo il tifo per Pisa. Con il cuore e con la mente.
Dovendo però essere un’altra la città prescelta, sono contento che la Capitale italiana della cultura 2017 sia Pistoia. E non solo per puro campanilismo regionale, essendo comunque il riconoscimento arrivato in Toscana.
Ma perché ribadisce ancora una volta il concetto che non conta il patrimonio culturale che si ha a disposizione, ma sono decisive le attività che si riesce a costruire attorno a questo patrimonio e la volontà di cambiare il volto stesso di una città, se non addirittura la propria storia, grazie ad un lavoro che abbia come base la cultura, ma sia capace però di innervare anche altri settori economici.
Se ne parla da trent’anni, ma per ora non si è riusciti a far passare questo messaggio. E lo dimostrano i tanti commenti che abbiamo letto – su giornali, siti internet, canali social – pieni di facile ironia o di inutile superiorità sul fatto che è stata scelta una città con un patrimonio culturale decisamente inferiore ad altre contendenti.
Io non conosco i progetti sui quali il Ministero per i Beni culturali ed il Turismo ha effettuato le sue scelte (Mantova per il 2016, Pistoia per il 2017), ma volendo ammettere che la scelta sia stata dettata soltanto da motivi di merito – quindi senza favoritismi e camarille politiche di vario tipo – credo che il segnale sia forte e vada recepito nel modo giusto. Che è poi quello appunto di non limitarsi ad una gestione pigra del patrimonio culturale: avere avuto in eredità dal passato chiese e pinacoteche, musei e palazzi, biblioteche ed università ed altre istituzioni culturali non è sufficiente per essere una “città della cultura”. Ci vuole ben altro, ci vogliono scelte politiche, investimenti pubblici e privati, cartelloni di attività, insomma una politica culturale della città e del territorio circostante (non necessariamente solo quello del comune capoluogo, anzi) che permetta di attivare energie ed intelligenze. Magari con una capacità di contaminazione non casuale fra settori che sembrano poco propensi a parlare fra di loro.
L’aspetto turistico viene dopo. Ed è quello di un’attività culturale che renda la città più attrattiva e più attraente e – sopratutto – ne modifichi in maniera significativa l’immagine sul mercato turistico, attraverso eventi che hanno un senso solo quando si innestano su una offerta permanente e su servizi di accoglienza qualificati, che aprano le porte ai turisti per 365 giorni all’anno.
Anzi, quest’anno è bisestile, quindi facciamo 366.