«Rispetto all’ immaginario collettivo che pensa all’invasione e che gli sbarchi siano continui, in realtà l’immigrazione si è stabilizzata e, contrariamente a quanti molto pensano, non è un buon segno. E’ sintomatico di un sistema Italia che non va bene e non attrae più stranieri». A dirlo Fabio Berti, docente di Sociologia al Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive dell’Università di Siena commentando ad agenziaimpress.it i numeri del Dossier statistico immigrazione 2020. «I dati parlano chiaro: da 4-5 anni, l’immigrazione non cresce più. Anche quest’anno con 5 milioni e 300mila stranieri residenti, si registra un aumento dell’0,8% rispetto all’anno prima e una diminuzione della presenza di extracomunitari. Questo è sintomatico di 3 questioni: a seguito del pacchetto sicurezza di Salvini è aumentata un po’ la presenza irregolare; qualche decina di migliaia di persone hanno acquisito cittadinanza italiana; alcuni, ed è un trend degli ultimi anni, che non hanno più opportunità di lavoro sono tornati nei loro Paesi d’origine o sono emigrati in altri contesti nazionali».
Dal Dossier emerge l’importanza della manodopera straniera soprattutto per la Toscana. Come mai?
«La manodopera straniera è importantissima per la Toscana in alcuni settori, come i servizi alle famiglie, edilizia agricoltura, alcuni settori dell’industria. Senza manodopera straniera non andrebbero avanti e il fatto che gli stranieri non aumentano è sintomatico che anche questi mercati del lavoro non hanno nemmeno più forza attrattiva. Il dato preoccupante è il tasso di disoccupazione degli stranieri più alto rispetto a quello degli italiani. Nei mesi del lockdown abbiamo visto che non c’era possibilità di far entrare i lavoratori stagionali e gli imprenditori agricoli erano disperati. La diminuzione presenza straniera ancora non condiziona la manodopera ma sul lungo periodo potrebbero incidere».
Perché la Toscana è tra le maggiori regioni d’immigrazione in Italia?
«Per questo ci sono più spiegazioni. La Toscana è una delle regioni con tasso di popolazione anziana più alta, di qui la maggior presenza di donne dell’Est Europa che fanno le badanti; la Toscana è una regione a forte vocazione turistica e questo spiega la presenza di molti stranieri in lavori stagionali nelle strutture ricettive, ma è anche una regione a forte vocazione agricola. E poi più del 40% degli stranieri sono concentrati nell’area fiorentino-pratese dove è forte la presenza cinese legata all’industria della moda».
Quale è il legame tra immigrazione e criminalità?
«Dal Dossier emerge come gli stranieri siano l’8,8% del totale della popolazione in Italia e in carcere sono il 32%, per cui uno potrebbe dire che sono cattivi e commettono molti reati. Ma i dati vanno letti e vanno fatti parlare. Il 90% di quelli in carcere sono stranieri irregolari, gli stranieri in molti casi sono in carcere sono in attesa di giudizio, in custodia cautelare perché non hanno domicilio, mentre gli italiani con la stessa accusa stanno fuori. In più gli stranieri non accedono a misure alternative alla detenzione. Inoltre, contrariamente a quanto pensa l’opinione pubblica e spesso gli stessa media raccontano, per tipologia di reato gli stranieri commettono reati meno gravi rispetto agli italiani: la quota di ergastolani tra gli stranieri è minima, per lo più sono condannati a pene di 3-4 anni. Il coinvolgimento degli stranieri nella criminalità è un falso mito. A loro sono legati soprattutto reati di immigrazione clandestina e violazione della legge sugli stupefacenti».
Cosa c’è da aspettarsi dai numeri del 2020, vista la pandemia?
«Dagli spunti offerti dai Centri di ascolto della Caritas emerge che l’immigrazione ha ancora una forma di integrazione subalterna, i lavoratori immigrati sono drammaticamente ancorati ai lavori più svantaggiati. A seguito dell’emergenza sanitaria è esplosa, da parte degli stranieri, anche la richiesta di acceso ai centri Caritas per contributi economici e pacchi alimentari. Gli stranieri in Italia non hanno alcun tipo di paracadute e se perdono il lavoro sono nei guai seri. CI aspettiamo per il prossimo anno un’esplosione di problematiche di carattere economico riconducibile agli stranieri».
In conclusione cosa ci lascia questo Dossier 2019?
«Ci fa capire che nel nostro Paese c’è ancora tanto bisogno di lavorare sul tema integrazione: i salari dei lavoratori stranieri sono più bassi del 30% rispetto a quelli degli italiani. Questo ci racconta la subalternità degli stranieri e le difficoltà che hanno nell’inserimento nel contesto sociale e economico italiano e non va bene. Perché un Paese come il nostro perché ha ancora tanto bisogno della presenza degli stranieri: se da un lato contribuiscono a pagare le pensioni dei nostri anziani, dall’altro ci aiutano anche da un punto di vista demografico. La nostra società sta invecchiando a ritmi molto sostenuti e se c’è un po’ di gioventù è dovuta alla presenza di giovani seconde generazioni di stranieri».