Dieci pensierini post-referendum
- Ha vinto il popolo italiano, che ha voluto salvare la Costituzione da una brutta riforma. Bastava votare solo l’abolizione del Senato e fare una legge per dimezzare le indennità parlamentari. Ma Renzi voleva esagerare, trasformando in un plebiscito personale il referendum su una brutta riformetta. E lo ha fatto anche con una campagna elettorale in cui ha trasformato il Governo nel più potente dei suoi Comitati del sì, con il sostegno di Rai, Mediaset, e dei giornaloni del Paese.
- Ora il popolo avrebbe diritto di andare a votare quanto prima, per scegliere anche chi dovrà governarlo. Magari prima di settembre, termine che consentirebbe ai parlamentari il diritto alla pensione.
- La responsabilità politica per la fase da oggi alle elezioni politiche rimane in capo al Pd, che ha la maggioranza parlamentare. Non come ha detto Renzi ieri sera: «Ora ci pensino loro, quelli del no». Nel Parlamento il Pd ha la maggioranza e al Pd spetta lavorare per la legge di stabilità e per una vera riforma elettorale. Mattarella lo sa ed è chiaro che l’incarico per il nuovo Governo dovrà tenere conto della attuale maggioranza parlamentare, che è la solita di ieri.
- Nel 2008 Valter Veltroni si dimise da segretario dei Ds, perchè prese il 33% alle politiche. Il 40% del sì, tolti i compagni di viaggio (Verdini, Alfano, Casini, etc.), non è così dissimile da quel risultato.
- Mi resta difficile capire come il Pd riaprirà una indispensabile politica di alleanze di centrosinistra, visto che Renzi ha operato per distruggere la sinistra – riuscendoci -, e sfondare a destra – non riuscendoci. Già domani, martedì, alla Direzione del Pd, si vedrà, se ci sarà chi darà battaglia, oppure, se saranno ancora tutti “leali” con il segretario.
- Tante servili complicità dentro il Pd, non potranno trasformarsi in convincenti ruggiti da cuori di leone per scalzare Renzi. Che infatti non si è dimesso da segretario del Pd. Anzi è da stamani che mi frulla in testa quella bella canzone di De Gregori: «Hanno ammazzato Pablo, Pablo è vivo….». Dopo la fine del Governo-Renzi, il candidato più probabile del Pd alle prossime elezioni politiche è Renzi.
- Il Capo dei suoi: Renzi si è dimostrato ancora una volta questo, anche nel discorso delle dimissioni. Ha parlato da leader dei suoi, a loro si è rivolto. Ha usato stesso tono e stesse parole della sera al Teatrino Lorenese (io c’ero) quando nel 2012 perse le primarie con Bersani. E invece stavolta era il Presidente del Consiglio.
- In Toscana il sì è oltre il 52,5%. Nell’entroterra funziona il patto che, dopo la debacle di Bersani nel 2013, trasformò il Pd toscano dalemian-bersaniano in Pd renziano. Con la spruzzatina in più dei voti di Verdini. Ma sulla Costa il no vince a Grosseto, Massa, Livorno, e vince anche a Lucca; è sostanziale pareggio a Pisa e Pistoia. Sì forte a Firenze, Prato, Arezzo e Siena. Il sì perde anche a Laterina, paese del Ministro Maria Elena Boschi. Nel 2017 si vota per le amministrative a Lucca e Pistoia, già a rischio.
- A Siena si resta basiti di fronte ai commenti dei vari esponenti delle opposizioni, “scandalizzati” di fronte al successo del sì. Vale quanto sopra, rispetto al Pd dalemian-bersaniano che si è trasformato in Pd renziano. E in più, a Siena, i comitati elettorali dei vari leader renziani funzionano bene. Hanno usato la campagna rereferendaria per scaldare le truppe in vista delle amministrative. Le opposizioni facciano capire cosa vogliono fare della città e come. Anzichè prendersela con i senesi.
- La tifoseria renziana, stando almeno ai social, continua a sperticarsi in dichiarazioni di amorosi sensi verso il proprio leader. Continuano a usare i termini della “narrazione” renziana: «straordinaria opportunità sfumata», i sogni, il futuro, l’ottimismo a prescindere. E invece dovrebbero tirare le orecchie al proprio leader, per riportarlo su una retta via ancora possibile, vista l’entità delle truppe che continuano a seguirlo. Continuano, invece, a fare “fedelmente” propaganda, insomma. Cosa legittima quando si tornerà a votare. Ma adesso un tour nel Paese reale, che sogna poco e non vede prospettive straordinarie per i propri figli voucherizzati, forse sarebbe più utile. A meno che non vogliano optare, invece, per una edizione straordinaria della Leopolda, terapeutica e consolante. Una piccola, rinfrancante, isola. Che non c’è.