di Cecilia Marzotti
Il sommerso e l’evasione fiscale nel mondo del lavoro che trova terreno fertile in dichiarazioni infedeli utilizzando fatture per operazioni inesistenti, riemerge prepotentemente dall’indagine partita un anno fa. E’ solo l’ultima, in ordine temporale, nella nostra Regione. Quaranta ditte individuali coinvolte, tutte nel settore dell’edilizia, 13 delle quali lavorano nella provincia senese e le altre nel resto della Toscana che avrebbero utilizzato nelle dichiarazioni annuali dei redditi fatture per operazioni inesistenti per oltre un milione di euro. I guadagni erano sia per colui che le emetteva (il quale aveva un “compenso” proporzionale all’importo della fattura falsa emessa) sia per gli utilizzatori che così portavano a deduzione costi mai sostenuti ed indebita detrazione di Iva.
Le indagini Gli accertamenti partono dopo una segnalazione dell’Agenzia delle Entrate. Il Procuratore Capo di Siena Salvatore Vitello incarica il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Siena e gli uomini della Sezione di Polizia Giudiziaria delle Fiamme Gialle presso la Procura della Repubblica di approfondire la complessa vicenda che vedeva l’applicazione, alle fatturazioni, del sistema cosiddetto del “reverse charge” ovvero “inversione contabile”. La verità non tarda a venire a galla. Una società edile con sede a Buonconvento aveva emesso fatturazioni per operazioni inesistenti nei confronti di decine di società che operano nello stesso settore. L’Agenzia delle Entrate alza il velo notando delle incongruenze tra le operazioni denunciate dalla ditta e il cosìddetto “spesometro”. C’era una differenza di oltre un milione di euro. Entrano in azione le Fiamme Gialle coordinate dal Procuratore Vitello. Alla fine di articolate indagini ed accertamenti lo stesso Procuratore chiede al Gip, e li ottiene, 13 decreti di sequestro preventivo, diretto e per equivalente. I provvedimenti bloccano tutti i beni ed i flussi bancari delle ditte coinvolte tanto che alcuni dei titolari (8 su 13 sono stranieri) hanno già presentato istanza di dissequestro dei conti correnti. Su tali istanze la Procura della Repubblica deciderà, al fine di permettere agli stessi il pagamento del debito tributario scaturito dagli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate verso cui gli interessati hanno già effettuato richiesta di accertamento con adesione e che, se positivamente concluso, potrà costituire un’attenuante nel corso del procedimento penale che verrà. La corretta sinergia tra la Procura della Repubblica, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza dà così il suo frutto. Staremo a vedere. Una cosa è certa: questo modus operandi fa male alla buona economia e spesso è terreno fertile anche per il lavoro in nero.