Forse è il caso di ricordarlo, visti i disordini di Fucecchio che hanno coinvolto anche contradaioli senesi, presenti in gran numero, con la presenza di organi di stampa cittadini a fare la diretta delle corse e i giornali nostrani a fare paginate. Riguardo alla stampa la replica, scontata, è che c’è il diritto di cronaca e che gli organi di informazione informano, soffermandosi sulle notizie ritenute di interesse dal grande pubblico.
Pur rispettando le scelte editoriali e di palinsesto, la libertà di informazione e di espressione, personalmente vorrei che i media della mia Città dedicassero uno spazio minimo ai paliotti, che evitassero la loro esaltazione e parlassero, appunto, della mia Città. Che è Siena.
Forse bisognerebbe – tutti – porsi una “questione morale”. Chi dice Palio dice Siena. Siena, e non Legnano, Fucecchio, Asti e tutti i paliotti che si fanno in giro per l’Italia. Mi ha sempre meravigliato la presenza di senesi, non addetti ai lavori, che li considerano appuntamenti fissi, imprescindibili; una tendenza che è iniziata alla fine degli anni Sessanta, ma che oggi risulta in forte crescita, addirittura con senesi che vi ricoprono un qualche ruolo.
Personalmente non sono mai andata a vedere nessun paliotto e mi guardo bene dal farlo: non reggerei la scimmiottatura del Palio, del “mio” Palio, e prenderei delle arrabbiature colossali; mi mangerei il fegato a sentir cantare “per forza e per amore”, a sentir parlare di barbaresco e di mossiere senza il consueto, amato scenario di Piazza, senza la mia gente, senza le mie Consorelle, senza la mia avversaria.
Peggio ancora, però, sono gli “amici del fantino” a vario titolo, che non di rado costituiscono il corpo dei corazzieri di questo o quel “big”; asserviti – magari credendo, in maniera distorta, di fare un servizio alla propria Contrada – agli interessi di uomini a cavallo che vengono pagati profumatamente e per i quali averci come amici è un di più e sicuramente una questione di mera convenienza personale. Per la nostra dignità di contradaioli e di senesi, credo che sia squallido fare parte del codazzo locale che accompagna questo o quel fantino e ancor più squallido dover – magari – venire alle mani per difenderlo. Cosa c’entriamo noi, le nostre Contrade, il nostro Palio, con tutto questo?
Sia chiaro: nessuno mette in discussione il diritto di esistere ai vari paliotti. Ci mancherebbe. Tra l’altro è innegabile che i molti che vi appartengono abbiano verso Siena un’ammirazione, un’educazione e un rispetto commoventi. Per questo non possono che essere sempre i benvenuti nella nostra Città.
Il punto, però, è un altro: non riguarda loro, riguarda noi. Gli ultimi avvenimenti di Fucecchio hanno fatto emergere quanto sia stridente mischiare il Palio con i vari paliotti attraverso una massiccia presenza di gente nostra, che capitani e priori dovrebbero, a mio avviso, scoraggiare; quanto sia assurdo fornire una qualche collaborazione; quanto sia avvilente, per noi, legittimarli; quanto questo atteggiamento sbagliato annacqui tutto, banalizzi tutto, omologhi tutto, renda tutto “uguale”, a esclusivo discapito del Palio, che non è uguale a nulla se non a se stesso: che non è una corsa di cavalli, ma giostra, rito, espressione di Siena, del suo popolo, di istituzioni come le Contrade che hanno quasi mille anni di storia.
Il dibattito in Città e sui social è vivo e sono in moltissimi a disapprovare con decisione queste tendenze. Gabriele Bartalucci, presidente del Comitato Amici del Palio, dice: “Non si possono mettere sullo stesso piano, come di fatto si sta facendo, i paliotti con il Palio, parlando di passione e leggendo sulla stessa pagina notizie su un paliotto insieme a notizie sul nostro Palio. A Siena c’è tanto da approfondire sulle nostre Contrade, sul nostro futuro. Dobbiamo avere molto chiaro chi siamo: siamo l’espressione delle Contrade, di una cultura originale e secolare densa di valori, che danno alla nostra Festa uno spessore che è unico”.
Qualcuno afferma con amarezza e rabbia che ci stiamo “astizzando”, “fucecchizzando”, “legnanizzando”. Non mi sembra una bella cosa. “Loro” dalla presenza dei senesi hanno tutto da guadagnare: la nostra presenza in qualche modo li nobilita; noi, per il motivo opposto, abbiamo solo da perdere.
Con alcuni rischi concreti: intanto a Fucecchio c’è stata una rissa, che potrebbe anche avere degli strascichi; in questi casi non si sa dove si va a finire, magari anche in aule di Tribunale. In un momento come questo, non mi sembra una grande idea riportare in negativo, sia pure indirettamente, il nome di Siena e dei senesi in altri contesti. Qualcuno potrebbe pensare che non è vero che i nostri scontri sono rituali e fanno parte del nostro modo passionale di vivere la Contrada, ma che siamo degli attaccabrighe seriali, anche da esportazione.
Senza contare che si rischia di portare, in una sorta di “girone di ritorno” – l’espressione calcistica è voluta – i paliotti in Piazza, anche per quanto riguarda gli aspetti conflittuali: tra fantini, tra singole persone, tra gruppi. Si rischia seriamente di attrarre elementi che starebbero parecchio meglio a casa propria e che magari verrebbero il 2 luglio e il 16 agosto per “continuare un discorso” che con il Palio – il nostro, quello vero – non c’entra nulla; per portare un elemento di caos, una variabile non controllabile.
Un grande contradaiolo ci ha detto: “io ne ho date e ne ho anche buscate, ma mi vanto di averne sempre date e buscate a Siena!”. Mi sembra un’espressione di grande dignità, il segno di un’appartenenza profonda, di una cultura contradaiola autentica. Perché qui c’è la nostra identità, qui c’è la nostra appartenenza. Qui ci sono le nostre tradizioni secolari.
Gli altri facciano pure quello che vogliono; ci imitino, più o meno bene. Ma stabilire dei legami, anche forti, delle relazioni, delle promiscuità, a mio avviso è inutile e potenzialmente pericoloso, per le dinamiche che possono crearsi: molto meglio una serena indifferenza, uno stare – sobriamente ed elegantemente – “nel nostro”.
Chi dice Palio dice Siena, scrivevamo sopra: così, invece, si rischia di rendere il Palio uno dei tanti paliotti che si disputano in Italia. Forse il più importante, ma con poco margine rispetto agli altri, che hanno mutuato quasi tutto.
All’infuori di poche persone “addette ai lavori” (i capitani, i mangini, i cavallai, i fantini e qualche sporadico aiutante), è veramente fuori luogo che singoli e gruppi consistenti di contradaioli di Siena vadano ad interagire con situazioni che – al di là di ogni valutazione – proprio non ci appartengono. È una questione di cultura contradaiola: di confine fra la dignità dell’appartenenza e l’essere, irrimediabilmente, gazzillori.