L’ultimo Salone del Libro di Torino si è chiuso con un bilancio positivo. Un 5 per cento in più di visitatori, vendite di libri in aumento, un pienone di giovani (e non si parla delle solite scolaresche in libera uscita). Soprattutto quest’ultimo dato offre di che sperare. Numerosi ragazzi hanno sostato negli stand del Lingotto, sfogliato, annusato e acquistato libri di carta, naturalmente privilegiando le edizioni economiche. Hanno tralasciato quasi del tutto il luccichio degli e-reader che per loro, abituati a vivere le giornate in perenne touche screen, non rappresentano niente di eccezionale (la fregola del libro digitale la lasciano ai genitori). Lo scrittore e magistrato Gianfranco Carofiglio definisce questi ragazzi ‘lettori consapevoli’, li ha trovati preparati, curiosi, perfettamente ‘sulla palla’ (tanto per usare una metafora calcistica). Dunque le nuove generazioni leggono. E ne dà conferma anche Tullio De Mauro, che bada a ricordare quanto molto più ignoranti siano i genitori e i nonni di quegli stessi ragazzi. Visti i tempi, c’è insomma da essere soddisfatti se è vero che sta crescendo una generazione di persone che ritiene la cultura un genere di prima necessità. Pensava diversamente l’ex ministro Giulio Tremonti (persona simpaticissima ai più) quando ironizzò suggerendo di provare a mozzicare un inconsistente panino imbottito di cultura. Ma noi non siamo del suo partito (in tutti i sensi). Ci siamo lasciati suggestionare da quel fessacchiotto di Aristotele e dalle sue balzane considerazioni, del tipo che “gli uomini colti sono superiori agli incolti nella stessa misura in cui i vivi sono superiori ai morti”. O peggio ancora – per il rubicondo ghignetto dell’ex ministro Giulio e per quanti condividono le sue opinioni – fummo abbindolati da personaggi equivoci della risma di Antonio Gramsci (bene fecero a metterlo in galera) che considerava la cultura una disciplina del proprio io interiore, una presa di possesso della propria personalità, la conquista di una coscienza per rendersi consapevoli della storia, dell’impegno nella società, dei diritti e dei doveri di ciascuno. Prescindendo dalle ottuse teste di certi ragionieri di Stato, avere giovani – domani adulti, classe dirigente – di sana e robusta cultura (che ovviamente non consiste soltanto nel leggere libri) sarebbe un investimento di non poco conto: per rifondare la politica, la società, un’economia e un vivere (avremmo detto un tempo) a misura d’uomo. Al punto in cui siamo arrivati c’è veramente da rielaborare una visione del mondo, ripristinare ragioni di senso, ritrovare sentimenti e capacità per esprimerli. Ebbene, sembrerà strano, ma per dirsi persone concrete (di una concretezza lungimirante, a servizio del progresso e del bene comune) è necessario ‘informare’ scelte e progetti al sapere della storia e dell’esperienza umana. Occorre conoscere nel profondo la condizione dell’uomo, le molte narrazioni che ne hanno scandagliato drammi, fasti, incongruenze, bellezza e fatuità. A questo servono i panini imbottiti di cultura.