Calci e pugni ad una agente della Polizia Penitenziaria al carcere fiorentino di Sollicciano: è stata una detenuta a cercare di chiudersi in bagno e poi a prendere a botte l’agente che è stata costretta a ricorrere alle cure dei sanitari. Più o meno contemporaneamente i detenuti della 13esima sezione, dove ieri si era suicidato un detenuto magrhebino di 40 anni, si sono rifiutati di rientrare dal passeggio sostenendo che il suicidio è da attribuire alla mancata attuazione nel carcere fiorentino dei principi della sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo dell’8 gennaio 2013, la cosiddetta “Torregiani”.
Sicurezza, un problema atavico A dare notizia di quanto avvenuto è Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, l’Organizzazione sindacale autonoma di Polizia Penitenziaria, secondo il quale «le crescenti tensioni, l’aggressione e la protesta, come il suicidio di ieri, sono il frutto di errori gestionali e di una cattiva organizzazione propri non solo del carcere fiorentino, di cui da tempo il sindacato denuncia le precarie condizioni, ma interne anche ad altre strutture penitenziarie sul territorio, di cui fanno le spese dapprima gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria e poi i comuni cittadini, a causa della crescente disfunzione della progressiva perdita di sicurezza delle carceri italiane».
La politica non è esente da colpe «Da oltre un anno mezzo e, purtroppo, proprio prendendo spunto dalla richiamata sentenza Torregiani – conclude Beneduci – nel nostro Paese, mediante provvedimenti tampone e di carattere solo provvisorio, ci si è occupati solo di quello che del carcere traspare all’esterno più che di interventi che rendano le pene realmente rieducative e utili alla Società, nè tantomeno la politica si è preoccupata del progressivo impoverimento e dello stato di abbandono organizzativo e istituzionale che affligge la Polizia Penitenziaria».