Premessa: le più radicate convinzioni devono poter cambiare. Se è crollato il muro di Berlino, anche a una food blogger senza troppe pretese può essere concesso di cambiare idea. Io l’ho fatto lo scorso fine settimana, quando sono andata a “Boccaccesca”, kermesse enogastronomica con annesso (delizioso) mercato di specialità alimentari italiane che si tiene a Certaldo (Firenze) , e ho partecipato a una sfida fra giornalisti ai fornelli. Fra le mie convinzioni più salde c’è sempre stata quella che cucinare sotto stress non fa per me. Amo la quiete rilassata della mia tana domestica, dove posso esprimermi non solo per la quotidiana necessità di nutrirmi, ma soprattutto quando ho voglia di sperimentare qualcosa di nuovo o ripetere un piatto che mi è piaciuto molto. Per me cucinare è da sempre sinonimo di rilassante sperimentazione. Se sono agitata, nervosa, preoccupata o in preda ad altri stati d’animo affini, non cucino. Preparo da mangiare, che è un’altra storia con altri fini. Quindi l’idea di cucinare in una gara proprio non è nelle mie corde: mi provocano ansia persino i concorrenti a Masterchef Junior! Ma l’invito che ho ricevuto da Annamaria Tossani per partecipare a questa sfida di cucina con due colleghi, invito inserito nel programma di Boccaccesca era di quelli che non si possono rifiutare a cuor leggero. Cucinare un piatto “mio” in un contesto come il borgo di Certaldo Alto era un’occasione irresistibile. E, parafrasando Manzoni, mi verrebbe da scrivere: la sventurata (io) rispose.
Sventurata perché una volta capito fino in fondo in cosa mi ero imbarcata mi é, inevitabilmente, preso il panico. Cosa cucinare? Come? Per quante persone? Tutti i presenti? Solo la giuria? E gli altri “concorrenti” chi sono? Quando ho saputo chi erano, sarei voluta scappare in Lapponia, dove l’anonimato è garantito dalle difficoltà linguistiche. A “giocare” ai fornelli con me erano previsti Leonardo Romanelli e Claudio Zeni. Non credo necessitino di presentazioni, ma se proprio vi sfugge qualcosa della loro identità, Leonardo lo trovate su La7 a Chef per un giorno e Claudio è fra gli autori della Guida ai ristoranti dell’Espresso. Ciò che più conta è che non sono due teorici dell’enogastronomia, ma due praticanti attivi, cioè cuochi provetti. Più ci pensavo e più la Lapponia diventava una mèta troppo vicina. E poi c’era il problema dei problemi: cosa cucinare? Dopo un paio di notti tribolate, alla fine ho scelto di seguire il cuore e rendere, seppur in modo maldestro e inadeguato, un omaggio a un paese unico e splendido come il borgo di Certaldo Alto. Quindi il primo ingrediente, il perno del piatto era già trovato: Cipolla! A Certaldo ne esiste una varietà già presidio Slow Food, dal gusto importante, pieno e un po’ acuto che è stata messa pure nello stemma comunale. Come cuocerla? L’unica possibilità per me era friggerla come una frittella, visto che nella piazza dove si sarebbe tenuta la ‘tenzone’ non era possibile usare il forno. Ma non volevo lasciarla sola nel piatto, in fondo le frittelle di cipolla sono un antipasto o un contorno, e allora mi sono ispirata al cittadino per eccellenza di Certaldo e alla sua opera. Il Decameron è una raccolta di novelle dove l’influenza del lontano Oriente è forte, a partire dall’impianto che ricalca Le Mille e una notte, e così anche il secondo ingrediente era… pronto: riso basmati. Facile da cucinare, profumato, delicato, visivamente bello. La scelta del condimento finale, a questo punto, era quasi obbligata: mi serviva qualcosa che alleggerisse il tutto e ho optato per una salsa al lime, anche questa semplice, profumata ed esotica ma non troppo. In fin dei conti, il lime è pur sempre un agrume, e gli agrumi sono roba nostra. Le mie frittelle di cipolla di Certaldo con riso basmati e salsa di lime erano pronte. Almeno nella teoria.
Come è andata? Tecnicamente Leonardo e Claudio mi hanno stracciata – si sono esibiti in piatti di alta scuola con gamberoni, tartufo, filetto di cinta, roba da rimanere a bocca aperta, anzi, attivamente chiusa – però è stata un’esperienza bellissima. Ho imparato a gestire (poco) l’ansia in cucina, mi sono divertita a vederli lavorare e sono uscita migliore da questo confronto, perché gli chef che ci hanno giudicati mi hanno dato consigli di cui farò tesoro. Quindi ecco perché tornerei a Boccaccesca. Per chi volesse farci una salto da spettatore, o consumatore, c’è tempo anche oggi e domani (27 e 28 settembre), sempre a Certaldo Alto. Il programma completo lo trovate sul sito internet www.boccaccesca.it
La ricetta Prendete due cipolle di Certaldo piuttosto grosse, pulitele e affettatele con la mandolina. Mettetele in una padella con un giro d’olio e fatele imbiondire, aggiungete poco sale e pepe bianco e giratele avendo cura di non farle attaccare, quindi versate mezzo bicchiere di vino bianco secco e sfumate, poi spengete. In una zuppiera sbattete due uova con la frusta e un pizzico di sale, aggiungete le cipolle scottate e versateci farina passata al setaccio continuando a mescolare finché non ottenete una crema densa. Aggiungete un cucchiaino di bicarbonato, mescolate di nuovo e lasciate riposare per un paio di minuti, finché l’olio di arachidi che avrete messo a scaldare nella padella non diventa caldo. Versate la crema di cipolle a cucchiaiate e fate cuocere le frittelle rigirandole una volta, stando attenti a non farle bruciare. Quando sono pronte, scolatele e riponetele su un vassoio coperto di carta assorbente. Prima di preparare le frittelle, avrete cotto il riso basmati e preparato la crema di lime unendo il succo di un frutto con 100 grammi di Philadelphia montato a crema, quindi sarete pronti per impiattare. Prendete il coppa pasta e usatelo per impiattare il riso, che guarnirete con una quenelle di crema di lime e uno spicchio del frutto tagliato fresco. Accanto allo ‘sformatino’ di riso adagiate due o tre frittelle ancora ben calde. L’incontro fra la Certaldo e l’Oriente è servito.