ROMA – “Durante la riunione di oggi al Viminale abbiamo detto al ministro Piantedosi che i sindaci non sono mossi da alcun intento polemico, ma nelle settimane scorse hanno dovuto lanciare l’allarme per una situazione che si sta facendo insostenibile”.

Lo sottolinea il presidente Anci Antonio Decaro dopo l’incontro con il ministro dell’interno Piantedosi.

“La difficoltà nel gestire in modo adeguato l’affluenza nei nostri territori di migliaia di minori non accompagnati causa un disagio grave alle persone che cercano rifugio in Italia ma anche alle nostre comunità, che hanno sempre dato prova di grande spirito di accoglienza e vogliono continuare a operare in questo spirito. Noi siamo convinti che a ogni livello istituzionale tutti dovremmo impegnarci per dare al mondo l’immagine dell’Italia come paese attento e impegnato nella salvaguardia della vita umana e dei diritti di tutti, proprio a partire dai più deboli e indifesi: bambine e bambini, ragazze e ragazzi che si ritrovano spesso soli e senza niente in paese straniero.

Noi sindaci pensiamo che in Italia sia possibile organizzare un sistema di accoglienza e integrazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati al tempo stesso sostenibile, programmato, equilibrato e diffuso a livello regionale, provinciale e comunale. Per questo, è necessario il coinvolgimento, su base volontaria, di tutti i Comuni italiani. I Comuni sono disponibili, a patto però che siano dotati di risorse adeguate e che il sistema nel suo insieme venga ridisegnato e riorganizzato”.

“Abbiamo portato al ministro Piantedosi proposte molto precise in questa direzione. Noi pensiamo che a valle di una rete di centri di prima accoglienza esclusivamente a carico e sotto la responsabilità del Ministero dell’Interno i minori accertati dovrebbero essere trasferiti esclusivamente in strutture SAI, quindi di competenza comunale, i cui posti dovranno essere adeguatamente ampliati perché ora sono evidentemente insufficienti. Basti pensare che in questo momento, con 21mila minori non accompagnati la cui accoglienza spetta per legge ai Comuni, i posti autorizzati sono solo 6207: c’è il rischio concreto che i costi dell’assistenza a tutti gli altri ricadano direttamente sui bilanci comunali.

I centri di prima accoglienza devono rappresentare in ogni caso la “porta d’accesso” alla seconda accoglienza, e quindi alla rete SAI, che in questo quadro dovrà diventare stabile, strutturata, continuativa nel tempo: il flusso migratorio è ormai una costante, non ha più senso che ogni tre anni le amministrazioni comunali debbano rinnovare la propria disponibilità a entrare nella rete dell’accoglienza.

In merito ai richiedenti asilo, invece abbiamo proposto una accoglienza diffusa sul territorio nazionale riattivando la clausola di salvaguardia, secondo la quale i Comuni che appartengono alla rete SAI, o che intendano aderirvi, sono esenti dall’attivazione di ulteriori forme di accoglienza, nella misura in cui il numero di posti SAI soddisfi la quota di posti assegnata a ciascuno di loro. In questo modo si favorirebbe una effettiva equa ripartizione dei migranti secondo il Piano nazionale.

In conclusione, abbiamo detto al ministro che, nel pieno spirito della collaborazione istituzionale, i Comuni vogliono continuare a fare il proprio dovere. Restiamo in attesa di risposte, siamo fiduciosi che il governo prenderà seriamente in considerazione le soluzioni che abbiamo proposto e che, se accolte, ci metteranno nelle condizioni di adempiere a questo dovere civile e umanitario”.