«Poche idee, ma confuse; o invece (che forse è peggio) molte, chiare e lucidamente tese a un obiettivo: mettere le Province in condizioni tali da collassare sotto il peso dell’assoluta mancanza di risorse, rendendole incapaci di qualsiasi attività e potendo così avere (ce ne fosse bisogno) una giustificazione per cancellarle in via definitiva». A lanciare l’allarme è il presidente di Upi Toscana e della Provincia di Pisa Andrea Pieroni di fronte allo scenario che si va profilando con il percorso della “Spending Review 2014”.
Il monumento all’iniquità «A rimetterci saranno le ‘fette’ di cittadinanza destinatarie dei servizi mantenuti in carico alle Province stesse: viabilità, edilizia scolastica,tutela dell’ambiente; funzioni essenziali, che non potranno essere assolte, se si convertirà in legge il decreto con cui il governo ha apparecchiato un nuovo salasso a scapito delle finanze delle nostre amministrazioni» aggiunge Pieroni. «Si tratta di un prelievo da 2,1 miliardi di euro (da fare entrare nelle casse dell’erario) ripartito in parti uguali tra Stato, Regioni ed enti locali. “Una sommaria divisione per tre — incalza Pieroni — che è un monumento all’iniquità: perché non tiene conto di come (tralasciando lo Stato) la spesa corrente delle Regioni sia di 48 miliardi (al netto della Sanità) e quella delle Province di 7,6, invece. Certo, considerando i Comuni (qui la cifra balza a 54 miliardi), gli enti locali presi in blocco vengono ad avere un ‘peso’ diverso: ma la suddivisione degli oneri tra Province e Comuni è stabilita nel rapporto di uno a uno (gli importi a carico delle prime sono di 360 milioni, quelli gravanti sui secondi di 340), nonostante, come appena evidenziato, la proporzione tra i valori delle rispettive spese correnti (7,6 miliardi contro 54) sia di uno a sette. Tenendo conto poi dell’ulteriore riduzione, pari a 100 milioni di euro, relativa al capitolo ‘costi della politica’, le Province andranno a corrispondere uno sforzo da 440 milioni».
«Finiamola di chiamarli tagli» Ma il calcolo dell’esborso non si ferma qui. «Anzitutto, finiamola con il chiamarli ‘tagli’. Così sarebbe se si parlasse di riduzioni sui trasferimenti: ma questi già da due anni non esistono più, in virtù delle recenti Finanziarie. No, qui la direzione è inversa: si tratta di versamenti, all’erario centrale, di tributi provinciali. Per dirla chiaramente, le Province, traendole dai propri bilanci, pagano al Ministero dell’Economia 274 milioni: che sommati ai 440 annunciati per quest’anno daranno un totale di 634 milioni. Ecco, questo macigno renderà impossibile non solo centrare gli obiettivi del Patto di Stabilità (stabiliti oltre 2 anni fa e mai modificati, nonostante il tracollo nelle entrate); ma anche adempiere le funzioni (i doveri verso le comunità amministrate) riguardanti strade, sedi degli istituti superiori, sicurezza del territorio» conclude Pieroni.