Come non essere d’accordo con questa sferzante chiamata alle armi di Simonetta Losi? Senesi, alzate la testa, guardate verso la Torre del Mangia che da secoli indica il cielo e non abbiate timore di impegnarvi per la vostra Città. Il tempo è ora. Recentemente nell’analisi delle cose del mondo Maurizio Molinari ha scritto del ritorno delle tribù al posto degli Stati nazione, una metafora nemmeno troppo in verità per spiegare la disgregazione in corso di quelle organizzazioni che più o meno dall’Ottocento disciplinano le comunità di donne e uomimi, omogenei per lingua, territorio, cultura. E a proposito delle città sostiene che è evidente come in Italia ognuna stia cercando di prendere la propria strada, scindendo il proprio dal destino dei partiti. Torino, Roma, Napoli, Parma, hanno espresso soprattutto questo. Grandi comunità che sentono forse il richiamo di quell’antica età dei Comuni, che nacque proprio in queste terre? Ecco, allora che l’appello di Simonetta suona come un invito ai senesi a riprendere in mano il destino della nostra Città, avendo come riferimento le stelle, come Galileo dall’altana del palazzo delle Papesse. (M.T.)

Quasi settecento anni fa Ambrogio Lorenzetti dipingeva il celebre ciclo di affreschi del Buongoverno. Se uno degli effetti più vistosi del Buongoverno è la Concordia, in maniera antitetica e speculare la caratteristica prodotta dal cattivo governo è la Divisio, la discordia.

Forse non è un caso che, in vista delle prossime elezioni amministrative, si contino una ventina di proposte politiche. Non è un caso che lo scontento sia generalizzato in alcuni casi sia divenuto il Furor, una montante rabbia sociale che vira verso gli estremismi di vario genere e di vario colore.

Negli ultimi anni la Città è stata violentata, rapinata, ferita, umiliata. Si è subita una guerra in cui sono stati bombardati i capisaldi dell’economia senese, le maggiori istituzioni cittadine. Non si può nemmeno dire che è una guerra che non ha fatto morti: morti che chiedono non una verità qualsiasi, ma la verità che rende giustizia.

Se prima la ricchezza faceva da calmiere, oggi la crisi ha scoperchiato un vaso di Pandora di vendette, faide, perfidie, odii personali e di fazione. È stato minato il tessuto economico, ma anche quello sociale e verosimilmente questa è la causa di una volontà di cambiamento che si esprime, però, in maniera non unitaria. Il granitico PD, partito egemone di Siena e se non unico certamente maggiore responsabile politico della crisi, mostra crepe importanti, impossibili da sanare con una stuccatura e un’imbiancata pre-elettorale.

L’opposizione, da sempre dialettica al proprio interno, ora che sembra avere la possibilità concreta di scardinare il sistema è paradossalmente più che mai frammentata e litigiosa. Ci sono in giro persone di buona volontà che si adoperano – da una parte e dall’altra – per rimettere insieme i cocci.

Accanto a loro, persone che per rimettere insieme i cocci usano una colla andata a male: il mastice del personalismo, dell’interesse di fazione, della difesa del proprio metro quadrato di potere, delle furberie, delle strategie degli equilibrismi politici. Sono gli ultimi (?) colpi di coda di una classe politica che, continuando a ragionare con vecchie logiche, continua ad essere parte del problema, certo non a rappresentare la soluzione.

Mi permetto di dire, in maniera poco elegante e molto prosaica, che le lotte intestine non possono che produrre flatulenze tanto rumorose quanto volatili e materie maleodoranti, con la conseguenza di una filosofia del “galleggiamento per mantenere il potere” che è contraria al bene della Città.

C’è la tendenza generalizzata ad evitare come la peste le etichette dei partiti politici, ormai quasi del tutto squalificati: ma tutto questo è inutile se lo si fa per illudere la gente del cambiamento, se poi si lasciano sempre le stesse persone, ai vertici o come figure intermedie, a “mestare”; se si lasciano i partiti sullo sfondo per proporre il nuovo, ringuattandoli dietro le liste civiche.

Più dell’antipolitica oggi c’è bisogno di un rinnovamento anche anagrafico: ci vogliono giovani con idee giovani, affiancati da “vecchi” con idee giovani. Gente per nulla o almeno poco compromessa con il passato: gente senza laccioli, gente che deve rendere conto soltanto a se stessa e alla Città. Gente libera, non “ricattabile”, che non ha nulla da perdere, nulla da chiedere e molto da dare.

Siena in questo momento ha bisogno di senesi e di senesità, intesa nel senso migliore. Ha bisogno di senesi perché solo i senesi autentici, i figli di una civiltà antica, sono capaci di dare con amore, con un amore appassionato per la Città fatto di un profondo senso di appartenenza, che porta alla spinta ad essere bravi, a fare del proprio meglio per ben figurare, per non perdere la faccia.

C’è bisogno di senesi autentici, giovani ma di antica tempra, che operino per la Città con lo spirito di servizio che anima le Contrade: dare liberamente il meglio di sé, con serietà e impegno, con dedizione e passione, per vedere Siena rinascere e tornare al posto che le compete, quello di piccola grande Città, crocevia della cultura e della storia internazionale.

Questo non significa chiudersi in un retrivo e asfittico campanilismo: significa riprendersi la città e insieme a lei le redini del proprio destino di cittadini. Significa aprirsi al mondo senza prostrarsi, esprimere dignità, significa avere consapevolezza del proprio valore senza Superbia e Vanagloria. Significa combattere la Fraus, la Frode, a qualunque livello, materiale e morale, fosse pure “semplice” disonestà intellettuale. Significa tirare fuori la forza, il genio, l’intelligenza che hanno prodotto, nel passato, opere e istituzioni straordinarie di livello internazionale.

Il prossimo Sindaco non potrà essere un governante espresso dalla Divisio, perché in questo caso il suo passo poggerebbe sulle sabbie mobili dell’incertezza e della Proditio, del tradimento, della sfiducia, del dover perennemente guardarsi le spalle.

I prossimi amministratori devono essere governanti nati dalla Concordia, o almeno dalla ricerca di essa, da quel guardare tutti in una stessa direzione, con uno stesso cuore, che è poi l’avere a cuore il bene della Città. Il prossimo Sindaco e i suoi collaboratori devono essere senesi riconoscibili nella propria appartenenza: persone delle quali conosciamo pregi, difetti, potenzialità e limiti; persone che devono rendere conto alla Città prima di tutto moralmente; persone che sono ambiziose per Siena, che vogliono lasciare ai posteri un segno positivo e incisivo del proprio passaggio; gente che punta a essere ricordata, fra cento anni, con affetto, gratitudine e ammirazione; persone con valori nei quali i cittadini possano riconoscersi. Un gruppo dirigente visionario, ma con i piedi per terra.

È indispensabile, in questo momento storico più che mai, che i cittadini partecipino alla vita della Polis, che concorrano al suo sviluppo, che portino idee ed energie positive. Siena ha bisogno di un popolo, del suo popolo, non di un uomo solo al comando.

Quello che rimane dei senesi di antica tempra deve sostenere la Città, “la ragion di stato”, al di là delle ideologie, delle anti-ideologie, delle convenienze spicciole, delle grette manovre di potere.

L’appello è ai senesi innamorati della Città: camminate per le sue strade, andate in Piazza: lasciatevi colpire al cuore dalla sua bellezza, lasciatevi commuovere dalla sua grandezza. Tra le macerie, in tantissime persone qualcosa di fondamentale è rimasto in piedi: il senso di appartenenza, la fierezza di essere Senesi e di far parte di questa storia, nel bene e nel male: di una storia che va ricostruita, di ferite che vanno sanate. Abbandonate il cinismo, lo sconforto, la disperazione. Alzate la testa, guardate la Torre del Mangia che indica il cielo. Cercare di ricostruire da quelle macerie, anche portando un solo mattone, è la vostra occasione per dimostrare amore per Siena. Dite di sì alla rinascita, con purezza d’animo e lealtà. Dite di sì a Siena!

foto di Roman Harak presa da Flickr