Pici al cinghiale. PCI al cinghiale. PD al cinghiale. La deriva culinaria “dalla padella…alla sezione” è una ricetta tutta senese. Dalla gustosità apparentemente sinistra mescola in matematica pura ingredienti della nouvelle couisine politica: tessere di partito e “puccelli pelosi”, detto alla Diego Abatantuono nei panni di un condottiero di barbari dem (Dal film Attila flagello di Dio).
La ricetta ha avuto il suo masterchef nel consigliere regionale Stefano Scaramelli che, nel giorno dell’approvazione in Regione Toscana di una nuova legge di contenimento degli ungulati, scrive sul suo sito: «Nel senese in 3 mesi raddoppiati i tesserati Pd, adesso è arrivato il momento di dimezzare gli ungulati». «Nella provincia di Siena ci sono più ungulati che votanti il Pd; occorre dimezzare i primi e raddoppiare gli altri». Ebbe a dire a fine agosto in un incontro pubblico a Montalcino lo stesso Scaramelli. Cinque mesi di cottura, dunque, e il piatto è servito.
Potrà sfuggire ai lettori non intenditori di cucina politica senese quale sia il nesso di gusto tra tesserati Pd e cinghiali. Si potrebbe ‘farci capo’ sull’ambiguo e ambivalente concetto di ‘capi’. C’è chi asserisce che hanno stufato e chi invece ne predilige lo stufato. Entrambi spesso si muovono in branco. Qualcuno potrebbe insinuare che hanno la stessa predilezione per i disastri o, i più maliziosi, sostengono che dove passano entrambi lasciano il segno.
La ricetta del “PD al cinghiale” resta segreta. Basta non amalgamare troppo i gli ingredienti principali: tesserati e ungulati. Il loro mix assomiglia ad un’equazione di matematica pura. Il rischio oggettivo è di recintare i circoli e grugnire agli elettori. Potrebbe significare servire la vittoria alle opposizioni in un piatto di argento. Ed il conto sarebbe salato.
“Se non vuoi trovarti il cinghiale sullo stomaco…”. Recitava lo slogan pubblicitario del digestivo Effervescente Brioschi
Al termine, però, di poche righe scritte “con il pennello cinghiale” concedetemi che mi tornino alla mente le frasi di chi scriveva, cantava e parlava cucinando le parole in una ricetta perfetta.
«Che valore hanno per te l’utopia, il sogno?» gli chiese Vincenzo Mollica in una celebre intervista.
«Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura». Gli rispose Fabrizio De André