ROMA – Genova è forse l’esempio più noto. Con i fiumi Polcevera, Fereggiano e Sturla, che esondano periodicamente. In tutta Italia però i corsi tombati sono un problema.
Il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, lo ha evidenziato nell’ambito di un evento a Roma. “Serve un censimento dei tratti tombati, ma questo non è un obbligo. In alcuni Comuni è stato fatto, in altri no”, ha detto il dirigente, che ha citato come esempi virtuosi di mappatura dei rischi la Sardegna e la Sicilia. Quindi, dove possibile serve “liberare gli alvei”, anche se “ci vogliono risorse, e non sono interventi semplici”. Curcio ha citato le esperienze a Oslo e Zurigo, e la riapertura della Canale delle Convertite a Treviso.
Il dirigente ha spiegato che la copertura dei corsi d’acqua iniziò in epoca napoleonica per motivi igienici, perché i fiumi erano inquinati, e proseguì nel Novecento, per consentire lo sviluppo urbanistico. Molti fiumi furono chiusi per costruirci sopra le strade. La copertura venne vietata per legge in Italia solo alla fine del secolo scorso. Oggi i fiumi tombati rappresentano un pericolo per la popolazione in caso di piogge eccezionali, sempre più frequenti per il cambiamento climatico.