«È dunque l’ora di una nuova politica di solidarietà sociale, che non ha nulla a che vedere con l’assistenzialismo di comodo, dannoso alla lunga per gli stessi assistiti, ma che si basa piuttosto su interventi miranti a stimolare, nella prospettiva del principio di sussidiarietà, il senso di responsabilità e operosità delle categorie più deboli, assicurando loro al tempo stesso la possibilità concreta di esprimere le proprie capacità». Era il 30 marzo del 1996. Giovanni Paolo II nella sua visita pastorale all’arcidiocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino tenne un discorso davanti ai rappresentanti del mondo del lavoro. Li incontrò alla Calp, oggi Rcr Cristalleria italiana. Ad ascoltarlo c’erano oltre 800 lavoratori della più grande azienda del cristallo italiano nella città dove si concentrava il 15 per cento della produzione mondiale, il 95 per cento di quella nazionale. Tanto da valerle il titolo di “città del cristallo”. A distanza di venti anni gli scenari sono decisamente cambiati. Gli addetti oggi sono diventati 387 di cui 200 considerati esuberi strutturali dal 2007 e una situazione occupazionale che fatica a stabilizzarsi.
Contratti di solidarietà Dal 25 gennaio scorso, infatti, dopo il fallimento dell’ultimo tentativo di soluzione occupazionale – mobilità per 60 persone da riassorbire in una cooperativa esterna – l’azienda e i sindacati hanno deciso di attivare contratti di solidarietà per 12 mesi con possibilità di arrivare a 36 promossi dalla Rsu. E così i 387 addetti sono tornati tutti a lavoro con un gruppo di sessanta operai che, quindici alla volta, lavoreranno per una settimana al mese nel nuovo reparto di confezionamento. Il tentativo, improbo, è di salvare quanti più posti di lavoro possibili nella speranza di una crescita di fatturato tale da far rientrare poi anche gli esuberi strutturali.
Il mercato di riferimento Come suonano lontane, oggi, le parole di papa Wojtyla che, rivolgendosi a quei lavoratori rendeva omaggio alle loro «capacità imprenditoriali ed operaie che hanno reso illustre il nome di questa terra ben oltre i confini d’Italia». Com’è lontano quel 1961 quando a Colle di Val d’Elsa si contavano ben sette vetrerie e 51 molerie. Del resto, troppe cose sono cambiate. E’ cambiato il mercato di riferimento. Oggi l’azienda soffre la presenza sui mercati internazionali mentre su quello nazionale sembra ancora tenere, forte di un marchio che riesce a distinguersi e gli accordi con la grande distribuzione che garantiscono un valore aggiunto al fatturato attuale che si attesta su circa 30mln di euro. E se a pesare è ancora il concordato con continuità aziendale varato dal Tribunale per ripianare i circa 60mln di debiti contratti negli anni tra il 2007 e il 2009 a cambiare è stata anche la strategia.
Da cristalleria a vetreria Per rimanere sul mercato è stata decisa la trasformazione da cristalleria a vetreria. Una scelta che ha premiato il rapporto con la grande distribuzione (10mln di fatturato in più) ma che sembra faticare a trovare nuovi sbocchi su altri canali distributivi e di vendita. A cambiare, tuttavia, e forse in modo irreversibile negli anni, è stato il rapporto tra l’azienda la sua città e il mondo istituzionale di riferimento.
Il grande silenzio E se da un lato le scelte di un ridimensionamento del fatturato e della forza lavoro a fronte dell’innalzamento qualitativo del prodotto appaiono come scelte obbligate per la sopravvivenza nel medio periodo, dall’altro a far decisamente rumore è il grande silenzio che oggi è calato sul destino dei lavoratori. E sì che nel corso degli anni all’azienda sono arrivati, nel momento del bisogno, notevoli sostegni economici dal mondo bancario e sostegno dal mondo della politica e sindacale. Oggi prendiamo atto che sono lontani anche quei tempi. E oltre dieci anni di ammortizzatori sociali non sono bastati a restituire dignità agli 800 lavoratori che vent’anni fa ascoltarono le parole del Papa Santo.
Tace la politica Gli spin off che potevano rappresentare una soluzione occupazionale non trovano volontà nel sindacato né nell’azienda. Le banche non sembrano più disposte ad aprire ulteriori linee di credito. Del ricorso ai contratti di solidarietà non si parla. Tace l’attuale Amministrazione comunale, storicamente attenta ad accompagnare le sorti della sua più importante realtà economica. Tace il sindacato, storicamente su posizioni sempre molto forti e fino a poco meno di dieci anni fa addirittura autonomo rispetto a quello di Siena. Di fronte al silenzio che fa rumore non ci resta che rimanere in attesa di quella “nuova politica di solidarietà” invocata dal Santo Padre.