Sulla esattezza di cifre e percentuali non ci metterei assolutamente la mano sul fuoco.
Come ho già detto altre volte, le statistiche sul turismo in Italia non sono fra le più accurate ed attendibili. Però il rapporto di Confturismo presentato pochi giorni fa al Forum di Confcommercio a Cernobbio mette indubbiamente il dito nella piaga: aumenta il numero di turisti stranieri, tornano a crescere anche arrivi e presenze dei turisti italiani, ma i fatturati ed i posti di lavoro non crescono in maniera proporzionale, anzi sono in sofferenza.
E se perdiamo soldi ed occupazione perfino quando le cose vanno bene (il turismo a livello mondiale cresce del 4% ogni anno ed in Italia veniamo da una stagione veramente molto positiva, anche per le difficoltà esistenti nei paesi nordafricani e mediorientali), figuriamoci cosa accadrebbe al momento in cui dovesse accadere qualcosa che provocasse un contraccolpo negativo.
In estrema sintesi, Confturismo ha detto: tra il 2001 e il 2015 il numero di turisti è salito del 50% a quota 53 milioni di arrivi, ma ciò non si è tradotto in aumenti di entrate a causa della minore permanenza media (da 4,1 a 3,6 giorni) e del conseguente calo della spesa pro capite da 1.035 euro a 670 (-35%), con una perdita di 38 miliardi di euro.
Lo ripeto: i numeri possono non esseri proprio questi, ma la situazione è sicuramente preoccupante. E non da adesso. Ricordo che già quattro anni fa, in un convegno organizzato da Federalberghi Pisa, si parlava di questo argomento. Ed era emerso un dato che da allora mi continua a ronzare nella testa: le camere di albergo venivano vendute, in media, ad un prezzo di 10 euro a notte inferiore rispetto a quello che sarebbe stato corretto per garantire ai gestori una giusta remunerazione ed una adeguata disponibilità di risorse per le spese di manutenzione, innovazione e formazione del personale.
Ma si pensava che questo dipendesse dal momento di crisi e che dunque fosse momentaneo, mentre invece anche in presenza di una ripresa degli arrivi, non sembra che siamo stati in grado di recuperare questa redditività fondamentale per fare un futuro al settore turistico.
Certo, ogni struttura ricettiva ed ogni servizio turistico hanno poi caratteristiche particolari e dunque ci sono casi di successo e di difficoltà che hanno motivazioni assolutamente peculiari, però il dato resta ed è conseguenza diretta della mancanza di una politica industriale sul turismo, tanto a livello nazionale, che a livello regionale, con i singoli operatori costretti a combattere ogni giorno in trincea, senza un quartier generale alle spalle che diriga le operazioni.
Il fatto è che i “generali” sono troppo impegnati a fare convegni, seminari, interviste…