ROMA – Vent’anni fa Uncem già lavorava per pianificare invasi, piccoli e più grandi, sui territori montani. Per affrontare la crisi idrica e avere una efficace programmazione.
Già vent’anni fa invitava multiutilities a investire sulle reti acquedottistiche, per togliere di mezzo le perdite. Oggi ne parlano in tanti e i cambiamenti climatici sono seri, gravissimi, da non sottovalutare. La crisi idrica oggi in corso impone al Governo, al Parlamento, alle Regioni, alle Multiutilities di agire.
“In questo percorso occorre ridefinire il rapporto tra chi produce e stocca il bene, le aree montane, con chi lo consuma. È un fattore decisivo per le politiche sulla risorsa idrica, ancora incastrate tra cose non fatte da molte regioni in particolare al Sud, a partire dalla pianificazione, e tribunali delle acque che decidono sopra le teste anche dei sindaci. Cambiare strumentazione per lavorare meglio e proteggere il bene è necessario. Con un’azione che tocchi anche i singoli cittadini” afferma l’associazione.
Efficientare
Occorre subito efficientare le reti idriche – che hanno perdite dal 20 al 60%. Non
è ammissibile. Servono 5 miliardi di euro in 5 anni. Il Paese deve investire bene
le prime risorse già stanziate nel PNRR (e altre dei POR FESR) e anche – con i
gestori del ciclo idrico integrato e le ATO – mettere “in rete le reti” comunali che in
moltissime casi non sono in relazione anche per effetto di “campanilismi” da vincere.
Efficientare le reti dei Comuni significa realizzare i depuratori dove non esistono, nei
paesi e città che ne sono sprovvisti, con un nuovo piano di investimenti dello Stato.
Pianificare
Pianificare invasi – Uncem lo afferma da vent’anni – vuol dire investire nella relazione tra
acqua e forza di gravità – tra chi produce e chi consuma il bene – dando dunque pieno ruolo ai territori montani. Il tema “nuovi invasi”- senza semplificazioni o retorica – deve rientrare nelle partite del rinnovo delle concessioni idroelettriche delle grandi derivazioni perché serve una pianificazione territoriale vasta, oltre singoli municipi. Nelle valli alpine la risorsa idrica è quasi ovunque stra sfruttata: dove facciamo oggi invasi se abbiamo condotte che attraversano longitudinalmente le valli intere? Se si pianificano invasi, occorre ripensare dove va e come è usata la risorsa, visto che l’acqua disponibile è completamente sottesa.
Incentivare
Ripartiamo dalle case e dagli edifici pubblici. Rendere efficiente l’uso della risorsa idrica
negli immobili della PA – a partire dalle scuole – e dei privati cittadini significa obbligare –
come per l’installazione dei pannelli fotovoltaici – a installare meccanismi per il recupero e
il riuso delle acque, ad esempio introducendo un credito d’imposta al 100% per acquisto e
installazione di questi sistemi, tecnologicamente avanzati, controllati digitalmente, dotati
anche di intelligenza artificiale. Crea dunque le tue piccole “riserve domestiche”. Con
poche decine di euro compri una cisterna da 300 litri da mettere all’uscita della grondaia:
raccogli la tua acqua ad esempio per irrigare il tuo giardino. E vale anche per i condomini.
Concertare
Rendere migliore il ciclo idrico integrato è necessario chiedendo alle Regioni –
da parte dello Stato – di convocare – anche con le Autorità d’Ambito – tavoli di
interazione e concertazione del sistema degli Enti locali, con le Associazioni e i
gestori di acquedotto, fognature, depurazuone, con tutte le multiutilities. Chiedendo
che il piano di investimenti annuale dei gestori sia finalizzato non solo alle grandi
aree urbane, ma sia distribuito anche nelle aree interne e montane. Per questo, ogni
regione deve inserire una percentuale di “ritorno” ai territori sulla tariffa che ciascuna
famiglia e impresa paga al gestore, a vantaggio della protezione delle fonti idriche.
Realizzare
Realizzare nuovi invasi a uso plurimo della risorsa idrica (potabile, energetica,
antincendio, irriguo) vuol dire essere efficaci nelle modalità di concertazione e nei
tempi. Troppo già è stato perso. Troppo tempo passa dall’idea alla prima pietra. Sono
necessarie forti regie regionali, nel quadro dei relativi Piani delle Acque, sbloccando il
“piano invasi” nazionale oggi assopito.