«Spesso, nel corso degli appalti, a parteciparvi sono 60, 70 imprese e tante indagini hanno evidenziato come nell’ambito di quel cartello, a rotazione, ciascuna di esse vincerà un appalto. E’ un allarme che ho lanciato da tempo insistendo perché fosse istituita una banca dati sugli appalti». Lo ha ribadito a Siena a margine di un incontro sulle mafie all’Università degli studi il procuratore antimafia Federico Cafiero de Raho. «Probabilmente se si facesse un monitoraggio su tutte le imprese che partecipano di volta in volta agli appalti – ha spiegato – si riuscirebbero ad individuare anche i cartelli che vengono formati dalle mafie e finiscono poi per distribuire il lavoro all’uno o all’altro purché siano imprese mafiose». «Io penso – ha concluso il magistrato – che in una situazione come questa sia necessario operare con una tecnologia che sia moderna, con banche dati logiche che consentano di recuperare elementi sull’intero territorio nazionale e individuare forme di accordo di questo tipo per consentire alle imprese pulite, quelle corrette e che operano secondo legge di recuperare finalmente terreno».
«Quello che è stato verificato con diverse indagini – ha poi spiegato il magistrato – è che le mafie non si muovono separatamente ma attraverso quasi programmi comuni, per cui riescono ad avere delle loro rappresentative societarie le quali non operano nei territori in cui le mafie controllano il territorio ma altrove. Di modo che l’impresa siciliana lavora in Calabria o in Campania e viceversa, al nord si dividono i territori e alla fine sono sempre loro che lavorano. Loro parteciperanno a tutti gli appalti e finiranno per essere sempre loro a lavorare mentre chi non fa parte del cartello non lavora più».
Beni confiscati Altro approfondimento quello sui beni confiscati alle mafie. «In Italia abbiamo oltre 35miliardi di beni confiscati alle mafie, una ricchezza di questo tipo non può essere lasciata a marcire, deve essere utilizzata per le finalità che la legge prevede e non la vendita che probabilmente potrà essere l’estrema ratio. Dobbiamo fare in modo – ha detto de Raho – che quello che è sottrazione di ricchezza alla mafia possa costituire una ricchezza per coloro che purtroppo versano in condizioni particolarmente disagiate e quindi utilizzate innanzitutto a fini istituzionali, sociali, come occasioni di lavoro per i giovani e per associazioni di volontariato».