«I fatti emersi feriscono in prima battuta e soprattutto la nostra comunità universitaria». Lo ha detto il rettore dell’ateneo fiorentino, Luigi Dei, parlando dell’inchiesta della Procura di Firenze che nelle scorse ore ha portato all’arresto di sette professori universitari accusati di essersi fatti corrompere per alterare gli esiti di alcuni concorsi universitari in vari atenei italiani.
«Siamo colpiti, tristi e amareggiati» «Siamo colpiti, tristi, amareggiati, perché cose di questo genere non dovrebbero mai succedere – ha aggiunto il rettore -. Quindi, collaboriamo con la Magistratura perché noi siamo i primi a vedere che vengono accertate quanto prima le responsabilità, e se vengono accertate che la punizione sia severa, rigorosa ed esemplare. Questo è quello che vogliamo. Contemporaneamente nella comunità universitaria italiana ci sono migliaia di professori, ricercatori che lavorano con onestà e che hanno come faro il merito, la valutazione, la trasparenza -ha aggiunto il rettore Dei-. Siamo doppiamente feriti perché non vogliamo assolutamente che una malattia venga scambiata per un’epidemia».
«Presto le procedure per garantire le lezioni» A chi gli chiedeva se il suo rettorato abbia intenzione di prendere provvedimenti nei confronti del professore Cordeiro Guerra, fra gli accusati insieme a sei suoi colleghi di aver alterato esiti di concorsi universitari, Dei ha risposto: «Stiamo attendendo, ho mandato ieri una richiesta alla Procura per ricevere ufficialmente il provvedimento di interdizione. Non so se è arrivato questa mattina. Non ho avuto ancora modo di interloquire con la direzione generale. In ogni caso abbiamo letto sui giornali che questo provvedimento di interdizione esiste. Attiveremo il prima possibile le procedure per garantire il regolare svolgimento delle lezioni didattiche. La parte di provvedimenti disciplinari dell’università seguirà ovviamente il suo iter, che è parallelo e diverso da quello della Magistratura che ha altri compiti». Dalle intercettazioni dell’inchiesta emerge come l’Università italiana sia trasformata in una sorta di mercato. «In queste intercettazioni ci sono delle persone che parlano di un’università come una sorta di mercato -ha concluso il rettore -. Le malattie si combattono con gli atteggiamenti, coi comportamenti, con la prevenzione e con un costante lavoro quotidiano come stiamo cercando di fare. La Magistratura in questo ci aiuta. L’epidemia ci lascia inermi. Noi crediamo invece che sia una malattia, una forma di malcostume che dobbiamo estirpare ma che non è un’epidemia e che il corpo della maggioranza assoluta della sua componente è tuttora sano».