Altro che guerra del vino! Qui serve un’alleanza di saperi esperti e saperi popolari, contestuali e diffusi. È questa la lezione che proviene dal paesaggio toscano, dal paesaggio agrario in modo particolare. Lo sostengono Rossano Pazzagli e Giuseppe Pandolfi, un professore e un contadino, entrambi legati alla Società dei Territorialisti, l’associazione nazionale che opera per riportare il territorio e la buona agricoltura al centro dei processi di pianificazione. Nelle campagne di questa regione – sostengono – si sono sedimentati nel corso dei secoli i saperi degli agricoltori e le conoscenze delle accademie – si pensi al ruolo storico dei Georgofili – dei mezzadri e degli studiosi. Il piano paesaggistico elaborato dalla Regione con la collaborazione delle Università toscane e frutto di incontri partecipati a livello locale, individua il paesaggio rurale come risorsa fondamentale, parte significativa del più cospicuo patrimonio territoriale, fattore culturale ed economico insieme. Questa alleanza, che nel passato si è espressa attraverso la mezzadria, richiede oggi di essere rinnovata con nuove modalità tramite l’esercizio di un’agricoltura sostenibile, non eterodiretta dalle logiche del mercato o dei grandi gruppi finanziari. Il piano paesaggistico non pone vincoli, ma riprendendo la lezione del mondo contadino toscano suggerisce metodi e accorgimenti per salvaguardare la bellezza e la diversità del paesaggio, per evitare al territorio danni idrogeologici e per incoraggiare il rilancio dell’agricoltura a basso impatto ambientale. Prodotti e paesaggio sono un binomio inscindibile che non può essere rotto. La cosiddetta ‘guerra del vino’ appare per quel che è: una polemica ordita da una parte del mondo politico e dai alcuni settori di vertice del settore agricolo che sembrano riportare il dibattito indietro di trent’anni. Invece dobbiamo andare avanti, in direzione di un recupero di quel rapporto virtuoso tra agricoltura e paesaggio che l’agricoltura industriale e specializzata aveva spezzato.
Uomo natura – Il paesaggio agrario, frutto delle equilibrata combinazione tra uomo e natura, che dal rittochino era evoluto verso le coltivazioni a traverso (tagliapoggio, cavalcapoggio e girapoggio, fino alla elaborata coltivazione a spina), sedimentato nei secoli, è una risorsa in sé, ed è una risorsa che dà valore alle produzioni di qualità, vino compreso. Oppure qualcuno di questi signori arriverà a dire che con il paesaggio non si mangia, come fece mesi addietro il ministro Tremonti riferendosi alla cultura?
Le grandi monocolture intensive e specializzate non sono l’agricoltura del futuro, specialmente in un contesto come quello toscano, il cui bel paesaggio è stato alimentato dalla policoltura e dalla manutenzione territoriale di molte generazioni di agricoltori. I vigneti a rittochino di grande estensione, gestiti con la meccanizzazione spinta finiscono, come tutte le monocolture, per rendere più vulnerabile il territorio e per semplificare il paesaggio, riducendone l’attrattività turistica e la multifunzionalità agricola ed ecologica. Le monocolture dell’agroindustria non garantiranno nuova occupazione, creando piuttosto grossi problemi sia alla salute sia all’ambiente toscani. La nostra preoccupazione è che la cosiddetta “guerra del vino” sia un aspetto della strategia politica in atto per impedire – dilazionandola nel tempo – l’approvazione del piano paesaggistico, come sta avvenendo purtroppo anche per la nuova legge urbanistica. Dietro c’è un gruppo di potere che fa melina per aspettare la fine della legislatura regionale e poi avere le mani libere, magari con un assessore diverso da Anna Marson. Agricoltori e studiosi, Università e mondo rurale hanno l’interesse comune a ribadire il valore del piano e a denunciare il tentativo di poche lobby di ostacolare un equilibrato governo delle trasformazioni del paesaggio.
Giuseppe Pandolfi e Rossano Pazzagli
Rossano Pazzagli è docente di storia moderna all’Università del Molise, membro del direttivo della Società dei Territorialisti e direttore della Scuola sul paesaggio agrario presso l’Istituto Alcide Cervi.
Giuseppe Pandolfi è coltivatore diretto biologico in Chianti, attivista nei movimenti per la difesa del territorio e per l’agricoltura contadina fa parte della Società dei Territorialisti.