Si è concluso il secondo giorno di udienza per l'incidente probatorio sulla scatola nera della Costa Concordia al Teatro Moderno di Grosseto. Dopo la giornata di ieri (leggi) è tornato in aula l’ex comandante della nave, Francesco Schettino arrivato alle 9 in punto. Oggi è stata affrontata la questione della 'falla', creata dall'urto della nave contro gli scogli dell'Isola del Giglio, la sera del 13 gennaio. Poi la parola passerà alla procura.

L’udienza Per tutta la settimana, accusa, difesa e rappresentanti delle parti offese ascolteranno i risultati del lavoro condotto dai periti per rispondere ai 50 quesiti posti dal gip Valeria Montesarchio, al fine di fare chiarezza sulla dinamica del naufragio. In aula, oltre ai nove indagati con i loro difensori, ci sono il procuratore capo di Grosseto Francesco Verusio e i sostituti Alessandro Leopizzi, Maria Navarro e Stefano Pizza, oltre a 125 avvocati difensori di parti offese, periti e collaboratori. Oggi sarà la volta dei magistrati, che potranno avanzare osservazioni sui risultati del lavoro del collegio dei periti, mentre da domani la parola passerà a consulenti e avvocati delle parti.

La perizia del Gip scagiona Costa Crociere. E’ quanto afferma in una pausa dell'udienza dell'incidente probatorio sulla scatola nera l'avvocato Marco De Luca, legale della società' di navigazione.«Io penso che la Costa non sia mai stata in discussione come compagnia e credo che quanto emerso ieri e, soprattutto, le ultime conclusioni dei periti del gip, diano atto che effettivamente tutto quanto era nella possibilità della Costa è stato fatto». De Luca, riferendosi a un supplemento integrativo alla maxi-perizia depositato ieri, ha detto che «i periti hanno evidenziato che l'allagamento della nave e' avvenuto in modo estremamente rapido» e riconoscono che «l'unita' di crisi non ha potuto fornire alcun utile ausilio tecnico alla nave» a causa della «celerità con cui si e' allagata e successivamente arenata». De Luca, sempre sulla scorta delle ultime note alla perizia depositate dai periti del gip, ha evidenziato un «dato che e' stato sottovalutato: cioè sono state sbarcate oltre quattromila persone in poco tempo da personale della Costa. E' stata una grande opera di soccorso».

Strumentazione funzionante L'avvocato De Luca ha anche riferito che stamattina «i periti hanno parlato degli impianti radar e di registrazione a bordo. Non c'era uno strumento il cui malfunzionamento avesse un nesso causale con l'accaduto, e' una sciocchezza dire che non funzionava niente a bordo. L'hard-disk principale ha funzionato ed e' stato possibile svolgere la perizia sulla base di questo. C'era solo un impianto che non funzionava ma era assolutamente un surrogato, vista la grande disponibilità a bordo di impianti di registrazione: si tratta della cosiddetta 'campana', che ha funzioni di duplicazione rispetto al principale impianto di registrazione, perfettamente funzionante».

Nave rimossa entro primavera 2013 A margine dell’udienza, intanto, l’ad di MicoperiSilvio Bortolotti ha ribadito che la Costa Concordia sarà «sicuramente rimossa entro la primavera prossima». La Micoperi e' la società che, insieme alla Titan Salvage, e' incaricata della rimozione della nave naufragata il 13 gennaio scorso all'Isola del Giglio. «Il progetto e' iniziato subito dopo l'assegnazione del contratto – spiega l'ad -. Vi sono una serie di procedure e di cose da tenere in considerazione che emergono ogni giorno, ma la nave sarà rimossa sicuramente entro la primavera prossima, questo e' l'obiettivo».

Fascicolo su oggetti rubati La procura di Grosseto ha aperto un fascicolo sugli oggetti di valore presenti a bordo della nave Concordia e trafugati. La notizia e' stata anticipata dal Tgcom24 e confermata da fonti vicine alla Costa che precisa come il fascicolo sarebbe stato aperto da mesi. Si tratterebbe in particolare delle due gioiellerie nella parte secca della nave. Le immagini sarebbero state fornite dai carabinieri.

67% passeggeri ha accettato il risarcimento Ad oggi, su piu' di 3.050 passeggeri che non hanno avuto danni fisici, circa il 67% ha accettato il risarcimento offerto. Lo rende noto la Compagnia Costa Crociere che spiega: «Un ulteriore 23% comprende sia quanti non hanno accettato la nostra proposta sia quanti non hanno ancora risposto, mentre si ha evidenza di azioni legali per circa il 10%. Le famiglie dei deceduti e gli ospiti feriti e che hanno richiesto trattamento medico ricevono una proposta separata che prenderà in considerazione i singoli casi». La cifra del rimborso si aggira su una media di 14.000 euro a naufrago ovvero 11 mila euro di base piu' un rimborso spese che varia a seconda della situazione.

Faccia a faccia Schettino e naufraghi tedeschi «Non ce la dovete avere con me, perchè io, con la mia manovra, ho salvato la vita a voi e a tantissimi passeggeri». E' quanto ha detto in aula a Grosseto, l'ex comandante Francesco Schettino, a una coppia di coniugi tedeschi, sopravvissuti al naufragio della Costa Concordia. Michael Lissem e sua moglie Angelika, intervistati da Sky Tg24, hanno raccontato di «aver avuto modo di parlare più volte ieri col comandante Schettino. Gli abbiamo chiesto come stava – hanno raccontato – e lui diceva che si sentiva proprio male, era agitato. Io ho detto a Schettino – ha detto il signor Lissen – che mia moglie è stata male quella notte perchè non sa nuotare. Ma lui ha repicato di aver fatto la manovra che ha consentito di salvarci la vita. Ha fatto capire che era stata la sua manovra a evitare una tragedia di più ampia portata». E la signora Angelika ha aggiunto: «All'inizio ero molto arrabbiata con lui, ma oggi che l'ho visto di persona ho in parte cambiato opinione. L'ex comandante ha dimostrato di avere un lato umano e mi è sembrato più simpatico – ha detto la donna tedesca – mentre prima mi sembrava molto più scostante e antipatico». Schettino ha poi detto ai due coniugi che «deve essere riportata la verità, ma le cose che vengono sostenute dai periti – secondo quanto l'ex comandante avrebbe riferito alla coppia – non sempre sono esatte ed è per questo che lui è venuto al processo, perchè vuole che venga fuori la vera verità».
 
Urto evitabile ma il comandante non agì Prima dell'urto contro gli scogli del Giglio per la nave Costa Concordia «c'erano ampi spazi e tantissima acqua e tempo per accostare e portarsi fuori dal pericolo mentre la manovra dopo l'urto fu assolutamente fortuita perchè la nave era senza controllo». Lo ha detto l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone rispondendo ad alcuni chiarimenti richiesti dal gip Valeria Montesarchio sulle condizioni di manovrabilità della nave e la possibile distanza di arresto nel momento dell'incidente. Secondo i chiarimenti fatti al gip dal collegio peritale, quindi, la nave si incagliò davanti al porto del Giglio «per un caso» e non per volontà e possibilità da parte del comandante Schettino di governarla. Nel rispondere a quesiti specifici del gip, i periti scrivono che «mettere la barra tutta a dritta dopo l'urto lascia pensare che il comandante volesse allontanarsi dall'isola e non, come da lui dichiarato, rimanere sottocosta sfruttando l'azione del vento per far andare la nave verso il punto d'incaglio. Schettino non può affermare di aver manovrato prevedendo gli effetti del vento e aver messo tutta la barra a dritta avrebbe potuto anche comportare che la nave dirigesse al largo» dove ci sono fondali alti.
 
Inchino prestabilito alla partenza «Che quella nave avesse dovuto fare l'inchino all'Isola del Giglio si sapeva fin dalla partenza a Civitavecchia». Lo ha detto Salvatore Catalano, legale di Ciro Ambrosio, l'ufficiale di coperta della nave Costa Concordia al comando in plancia nel momento dell'impatto. «Al comando in quel momento c'era il comandante Francesco Schettino – ha proseguito Catalano – e la scala gerarchica parla chiaro. E' il comandante che ha tutte le responsabilità e se non fosse stato deciso di fare l'inchino, sempre da Schettino non sarebbe successo nulla».
 
La telefonata alla Capitaneria con l’appello a Dio «Stiamo imbarcando acqua, tanto è calma piatta». Sembra quasi una battuta quella che il comandante Schettino fa al telefono con le Capitanerie di Porto di Livorno alle 22.32 del 13 gennaio, dunque 47 minuti dopo aver portato la Concordia sullo scoglio davanti al Giglio e quando già era chiaro a tutti, lui per primo, che la nave stava affondando. Tanto che la successiva affermazione è forse la più vera, uscita dalla sua bocca quella notte: «e poi ci pensi Dio». La telefonata è riportata nella perizia del Gip di Grosseto – che è l'oggetto della maxiudienza per l'incidente probatorio in corso al teatro Moderno – nella parte relativa alle comunicazioni tra la plancia e le autorità marittime competenti. Ed è proprio una di queste, la Capitaneria di porto di Livorno, che alle 22.25 chiama la plancia per chiedere un aggiornamento della situazione. A rispondere è Schettino: «stiamo valutando una via d'acqua…abbiamo una falla… – dice il comandante – vi chiediamo R/r in assistenza che ci tira su». Una voce non identificata, aggiunge: «e tutti i passeggeri hanno indossato i giubbotti di salvataggio…nessun ferito…la falla non è ancora identificabile, falla squarcio lato sinistro». Un minuto dopo, alle 22.26.46 la Capitaneria chiede: «la falla si è verificata a causa di che cosa?». Risponde il vice di Schettino, Ciro Ambrosio. «non è ancora identificato…falla per uno squarcio lato sinistro». Passano sei minuti e stavolta è Schettino che chiama le Capitanerie: «praticamente – dice – stiamo imbarcando acqua». E aggiunge: «tanto è calma. E poi Dio ci pensi, non abbiamo problemi, dobbiamo solo mettere i passeggeri a mare, se ci mandate dei mezzi per cortesia..con molta velocità».
 
Nessun dialogo tra Schettino e suo vice Durante il passaggio di consegne in plancia di comando tra Ciro Ambrosioe il suo comandante Francesco Schettino, alcune miglia prima del Giglio, tra i due non ci fu scambio di informazioni: è quanto ha fatto rilevare stamani in aula, rispondendo alla richiesta di chiarimenti da parte del gip Valeria Montesarchio, l'ammiraglio Giuseppe CavoDragone, che presiede il collegio dei periti del gip. Secondo Cavo Dragone era assolutamente doveroso che fra i due indagati per il disastro della Costa Concordia vi fosse stata, in base alle regole di bordo, una precisa illustrazione della situazione della navigazione in quel momento. In particolare, Ambrosio avrebbe dovuto comunicare le condizioni di vento, correnti, pericoli esistenti, eventuali fari od ostacoli sulla rotta e altre informazioni simili necessarie. Invece, ha fatto notare Cavo Dragone, il passaggio di consegne tra il vice Ambrosio e il comandante Schettino avvenne senza parlarsi. Sempre rispetto a questa circostanza, Cavo Dragone ha anche detto al gip Montesarchio che comunque Francesco Schettino, in quanto comandante, avrebbe dovuto pretendere informazioni prima di mettersi in plancia.

La difesa di Schettino punta sull’ultima manovra «Sicuramente la manovra del comandante Schettino non è stata casuale. Lui, finchè potè ancora usare i timoni, impostò quella manovra tenendo conto delle correnti e del vento»: lo ha detto l'avvocato Francesco Pepe, della difesa di Schettino, a proposito dei rilievi mossi dai periti del gip al momento dell'incidente della Costa Concordia. Schettino si è sempre difeso dicendo di aver salvato migliaia di passeggeri grazie all'avvicinamento al Giglio, ma secondo i periti la circostanza non è vera. Secondo l'avvocato Francesco Pepe, con la manovra di emergenza dopo l'urto, Schettino riuscì a portare la nave vicino all'isola «calcolando i venti e le correnti sulla schermata radar. In base a questo – ha precisato il difensore – il comandante Schettino ha fatto la manovra e la nave ora si trova dov'è». Lo stesso legale ha precisato che «i timoni della Concordia si sono bloccati solo dopo l'ultimo ordine dato da Schettino, il “tutto a dritta”, cosi che i timoni hanno fatto esattamente quello che “il comandante chiese loro”, solo dopo si sono bloccati».

Il timoniere fuori dall'incidente probatorio Il gip Valeria Montesarchio ha rigettato per la seconda volta la richiesta di estensione dell'incidente probatorio al timoniere indonesiano che capì male un ordine di Schettino virando dalla parte sbagliata. L'istanza è stata fatta dall'avvocato Bruno Leporatti anche oggi dopo il primo tentativo fallito ieri al momento delle questioni preliminari. Il difensore di Schettino ha riproposto la questione nel corso della relazione dei consulenti della procura. Il gip per questa richiesta si è ritirato in camera di consiglio per circa mezz'ora, sospendendo l'udienza. Al termine ha emesso un'ordinanza in cui respinge la richiesta motivandola, come ieri, anche con la circostanza che al gip il timoniere non risulta indagato e che comunque, semmai ci dovesse essere la necessità di coinvolgerlo successivamente, trattandosi di atti irripetibili l'incidente probatorio ne risulterebbe comunque ''salvo''.