Errori, caos, inadempienze varie, una babele di lingue. Sono queste le cause del naufragio della Costa Concordia lo scorso 13 gennaio davanti all’Isola del Giglio secondo i periti incaricati dal gip di Grosseto di ricostruire la dinamica dell'incidente, anche grazie alla lettura della scatola nera. La descrizione di quelle terribili ore sono contenute in una relazione di 270 pagine.

Dopo 6 minuti Schettino sa che affonderà Il comandante Francesco Schettino «realizza che la nave può affondare» alle 21.51 e 53 secondi, circa sei minuti dopo l'impatto della Concordia con lo scoglio del Giglio, avvenuto alle 21.45 e sette secondi. Lo ricostruiscono i periti del gip di Grosseto. Alle 21.46 Schettino chiede «ma dove abbiamo toccato?» e gli viene risposto: «su uno scoglio a pelo d'acqua». Da questo momento – scrivono i periti – Schettino non conosce l'entità del danno ma dovrebbe adottare la procedura prevista in caso di collisione, ma non da' alcuna comunicazione per allertare l'equipaggio. «Tre minuti dopo l'impatto il comandante viene informato dal direttore di macchina di avere un notevole ingresso di acqua tale da non permettere di entrare in sala macchine». Alle 21.51 e 53 Schettino dice: «E allora stiamo andando a fondo, praticamente, non l'ho capito?». I periti continuano spiegando che Schettino non allerta la capitaneria ma, anzi, alle 22.02 «minimizza la situazione», quando, qualche minuto prima, alle 21.58, aveva spiegato al Fleet Crisis Coordinator di Costa Crociere, Roberto Ferrarini dell'entrata d'acqua fino al quadro elettrico principale.

Una lunga sequela di errori E' una situazione di confusione quella che c'era in plancia di comando della Concordia prima dell'impatto con lo scoglio dell'Isola del Giglio. «Queste dinamiche – e' la conclusione – hanno sicuramente aggravato una situazione già di per sé critica e possono avere concorso al verificarsi della collisione avvenuta immediatamente dopo». «Alle 21:39:31 – elencano i periti – il comandante ordina 300. In questo modo l'ordine non e' incompleto, in vicinanza della costa (circa un miglio) e' opportuno specificare l'angolo di barra del timone con cui effettuare l'accostata, determinando la velocità con cui la nave accosta». «Alle 21:40:50 – continuano – a seguito di un nuovo ordine di rotta non compreso immediatamente dal timoniere, piu' persone partecipano al dialogo per riuscire a chiarire l'ordine impartito», mentre poco dopo i periti scrivono che «dalla concitazione dei dialoghi appare che il timoniere non sia reattivo come dovrebbe e che talvolta non comprenda, soprattutto in una situazione delicata come la vicinanza alla costa. Dalle 21:44:48 alle 21:45:02 si rileva che il timoniere sbaglia a eseguire l'ordine del comandante».  L'impatto con lo scoglio avvenne dopo che, in plancia di comando, si era susseguita una serie di ordini incompleti e incomprensioni fra Schettino e il timoniere, che non capiva cosa doveva fare o che sbagliava ad eseguire. Ma gli errori non finirono. Dopo la collisione, Ferrarini, che aveva la responsabilita' di gestire da terra le prime fasi della crisi, venne informato da Schettino del fatto che c'erano tre compartimenti allagati. Erano le 22.27. A quel punto, secondo i periti, Ferrarini «avrebbe dovuto suggerire prontamente al Comandante» di diramare «l'emergenza generale e il successivo abbandono nave». Se questi «appropriati suggerimenti» ci fossero stati «i tempi per attivare le procedure di emergenza sarebbero stati piu' celeri».

50 minuti di ritardo nell’abbandono della nave L'abbandono nave, invece, venne lanciato con piu' di 50 minuti di ritardo: si sarebbe dovuto dare alle 22.00 e 40 secondi, scrivono i periti, invece «la chiamata verra' ordinata ufficialmente da Schettino alle ore 22.51.10 ed eseguita alle 22.54.10¯. Eppure, Schettino realizza che la nave puo' affondare» alle 21.51 e 53 secondi, circa sei minuti dopo l'impatto della Concordia con lo scoglio del Giglio, avvenuto alle 21.45 e sette secondi. Da questo momento – scrivono i periti – Schettino avrebbe dovuto adottare la procedura prevista in caso di collisione. Invece, non diramo' alcuna comunicazione per allertare l'equipaggio. Intanto, in plancia di comando c'era il caos. Schettino dava disposizioni generiche sull'abbandono nave, «mentre altre azioni sembrano intraprese per iniziativa degli ufficiali presenti in plancia, in assenza di un reale coordinamento». Il comandante, infatti, «sembra non avere una reale percezione della situazione». E quando l'allarme, finalmente, scatto', si scopri' che «parte dell'equipaggio destinato a incarichi chiave non conosceva i propri compiti in caso di emergenza» e che «ai mezzi collettivi di salvataggio erano stati assegnati membri dell'equipaggio che non erano in possesso del certificato di idoneità». Non solo «non tutto l'equipaggio era in grado di capire le istruzioni in caso di emergenza nella lingua di lavoro (italiano)».

La replica di Costa Crociere La Compagnia da Genova fa sapere con una nota che «si riserva di analizzare i documenti ufficiali nei prossimi giorni, per poter così formulare un proprio giudizio in merito». Ma «per quanto attiene la notifica dell'emergenza la legge prevede che, in caso di incidente, l'obbligo di informare le Autorità spetti al Comandante -precisa la Costa nella nota- mentre è obbligo dell'armatore quello di mettersi a disposizione delle stesse. Le registrazioni confermano che il comandante aveva rassicurato il rappresentante l'Unita di Crisi di Costa Crociere sul fatto che le Autorità erano state informate, così come è fuori di dubbio che l'armatore si è messo adeguatamente a disposizione delle Autorità. Risulta peraltro chiaro dalle registrazioni, che le comunicazioni fatte dal Comandante all'Unità di Crisi siano state nel complesso non tempestive, parziali e confuse, non permettendo a quest'ultima entità una chiara percezione della gravità di quanto stesse effettivamente accadendo» Sul punto della impreparazione del personale la Costa assume una posizione molto netta:«l'affermazione invece che il personale fosse impreparato alle emergenze, è destituita di fondamento. I presunti difetti nelle certificazioni di alcuni membri dell'equipaggio, peraltro non condivisibili dal punto di vista tecnico-amministrativo – conclude la Compagnia – riguardano solo pochi componenti che non rivestivano alcun ruolo attivo nella gestione dell'emergenza».