ROMA – “Tutti gli elementi oggettivi sul cadavere e sulla scena del delitto sono compatibili con il suicidio, mentre non ci sono indizi di colluttazioni o delle presenza di altre persone”.
Secondo il quotidiano La Stampa, la maxi-perizia affidata dalla commissione che indaga sulla morte di David Rossi ai reparti speciali dei carabinieri, metterebbe la parola fine sul caso. Gli uomini dell’Arma hanno risposto alle 50 domande presentate dall’organismo presieduto da Pierantonio Zanettin: “Nessuno rispose alla telefonata dell’onorevole Santanchè. Nessuno usò il cellulare del defunto. Nessun compose numeri cifrati. Nessuno spedì mail post mortem”. L’unico elemento, “flebile”, che lascia aperta uno spiraglio per altre ipotesi è racchiuso nelle nove ferite “slegate dalla precipitazione”. Sei al volto, tre alle ascelle. “Rossi potrebbe essersi ferito prima di buttarsi, raschiando sul muro o sulla sbarra che sormonta il davanzale. Potrebbe essersi fatto male nelle ore precedenti. Ma non è possibile escludere con certezza un’origine diversa, frutto di una compressione per mano esterna”.
La perizia controbatte anche lo scenario avanzato da legale di Antonella Tognazzi e Carolina Orlandi, Carmelo Micelli, che sulla base di indagini di esperti di parte, aveva sostenuto di un Rossi aggredito da due persone, tramortito, sospeso fuori dalla finestra e poi lasciato cadere nel vuoto. “Escluso che Rossi sia stato narcotizzato: le fratture alle gambe provano che erano rigide, quindi di un uomo nel pieno delle forze”. E ancora: “Certo la precipitazione a candela e con il volto verso il muro è ‘inusuale’. Ma non inspiegabile. E soprattutto: nessun segno di colluttazione, nessuna ferita che faccia chiaramente pensare a calci e pugni. Nemmeno quella al fegato, pur valorizzata dall’ultima denuncia della famiglia, ma spiegabile con lo schiacciamento da caduta”.
La commissione si ritroverà domani con gli ufficiali per analizzare quanto raccolto: l’audizione sarà secretata. Martedì è prevista una conferenza stampa per illustrare i risultati. Con la crisi di Governo in corso, potrebbe essere anche uno degli ultimi impegni per i commissari. Se Mario Draghi non restasse, il lavoro dell’organismo parlamentare andrebbe verso la conclusione. Prima delle urne, l’attenzione sarebbe rivolta alla relazione conclusiva.