FIRENZE – Forza economica, in grado di contribuire al 10% del fatturato regionale. Con oltre 28mile imprese il commercio, piccole e piccolissime nella maggior parte dei casi.
Il 66% delle quali operano nel settore non alimentare e, di queste, il 25% sono negozi di abbigliamento, l’8% cartolerie, il 6% calzature e ferramenta. Gli esercizi alimentari sono circa un quarto del totale: il 26% di questi vende prodotti legati al tabacco, il 17% sono macellerie e il 12% negozi di ortofrutta. I non specializzati sono poco meno del 10% del totale.
Nelle città oltre alla quantità di esercizi commerciali diventa importante anche la loro qualità, per la presenza di consumatori in grado di sostenere mediamente un livello di spesa più alto. Situazione opposta nelle aree industriali, dove i piccoli negozi sono più rari in quanto poco attrattive per i turisti e nelle quali la presenza di realtà più grandi è più marcata. Maggiori le difficoltà nelle arre interne appenniniche a causa della riduzione demografica. Il commercio al dettaglio incide sull’economia regionale per il 9% in termini di addetti e di imprese e per il 10% in termini di fatturato. Il valore aggiunto sul totale del fatturato è del 19% e viene mediamente destinato per il 42% al pagamento di salari e stipendi. Il commercio al dettaglio alimentare ha il più basso valore aggiunto per addetto ed i salari più bassi per lavoratore dipendente.
Nel confronto con Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto la Toscana ha la quota più alta di addetti nel commercio (ingrosso e dettaglio), il 19,9%. Il contributo al valore aggiunto più alto è della Lombardia 18,5% (Toscana 16,8%). In Toscana ogni 1.000 residenti ci sono circa 36 addetti al commercio al dettaglio, dato superiore alla media nazionale e alle altre tre regioni. Toscana prima per strutture di piccole dimensioni (meno di 50mq) e ultima per quelle molto grandi (oltre i 5.000mq).
Dal 2007 al 2019 le imprese del settore sono diminuite del 17%, molto più degli addetti (-4%). Motivo principale della differenza è la comparsa e la rapida diffusione, a partire dal decennio 1990-2000 e prima decade 2000, dei centri commerciali (accompagnata da un aumento della dimensione media degli esercizi), strutture che diventano anche luogo di intrattenimento, integrando l’offerta commerciale con servizi ed attività complementari (punti di ristorazione, artigianato di servizio, agenzie ecc.). Gli esercizi più piccoli (fino a 2 addetti), pur continuando a rappresentare tre quarti delle unità del settore, diminuiscono di 6.000 unità (-19,4%), così come quelli da 3 a 5 addetti (-16,2%). Crescono invece quelli tra i 20 e i 50 addetti (+26,8%) e le strutture più grandi, tra i 50 e i 250 addetti (+24,8%). Calano quelle molto grandi, superiori ai 250 addetti.
Le province col numero più alto di unità locali per abitante sono Grosseto e Livorno, seguono Siena, Massa Carrara, Lucca e Arezzo.