Francesco Ricci

ROMA – Ha preso cinque a latino e la madre l’avrebbe costretta a scendere di macchina, lasciandola sulla corsia d’emergenza del Raccordo anulare a Roma. La notizia potrebbe sembrare quasi una fake news di questi tempi. Se non fosse che è tutto vero. La donna, una quarantenne è stata denunciata a piede libero per maltrattamento di minore.

A chi non è capitato nella sua carriera scolastica di incorrere in una insufficienza? E chissà quanti hanno dovuto discutere a casa, persino litigare o subire delle punizioni (lievi, si spera). Ma l’abbandono in autostrada non si era mai sentito.

Abbiamo chiesto al professor Francesco Ricci, docente al liceo classico Enea Silvio Piccolomini di Siena un suo parere.

Professor Francesco Ricci ha letto la notizia? Cosa ha pensato?
«Sono sincero, appena ho letto la notizia ho pensato a uno scherzo, a tal punto mi è parso, e continua a parermi, incredibile quanto è successo a Roma».

Ma un 5 a latino ancora oggi può creare drammi in famiglia?
«Anche se ci troviamo ormai a fine anno scolastico, un 5 a latino non può e non deve creare drammi in famiglia. Al di là del fatto che i drammi veri sono ben altri, in ogni caso un 5 in una materia caratterizzante, come possono esserlo latino e greco al Liceo Classico o matematica e fisica al Liceo Scientifico, rimane comunque una “insufficienza lieve”, e ammettendo pure che il 5 sia stato preso dalla studentessa allo scritto, comunque è facilmente recuperabile con un orale poco più che sufficiente o discreto.  Sicuramente ci sono altre dinamiche familiari dietro all’episodio riportato dagli organi d’informazione: in trent’anni che insegno, e lo dico anche per sdrammatizzare l’episodio, non ho mai visto nessuno tra i miei studenti venire lasciato a piedi dal genitore lungo il tragitto che da scuola conduce a casa».

Come si fa per migliorare nella conoscenza di una lingua come il latino?
«Le cosiddette lingue morte necessitano di un esercizio costante, vale a dire tradurre frasi e versioni d’autore. Di solito i docenti lavorano molto su questo aspetto al biennio, meno al triennio, dal momento che hanno anche un programma di storia della letteratura da svolgere, e le ore settimanali a disposizione non sono poi molte. Tocca – toccherebbe – allo studente provvedere autonomamente, ma un po’ la voglia scarseggia un po’ ci sono anche le altre materie che deve preparare. E così finisce che arriva all’ultimo anno della scuola secondaria superiore avendo tradotto sempre meno».

Lei a scuola che voti prendeva?
«Io a scuola ero molto bravo, ma ho preso anch’io le mie insufficienze, ad esempio a matematica. Insufficienze meritate, sia chiaro, dal momento che ho sempre studiato poco le discipline scientifiche e soltanto ora mi rendo conto di avere perduto un’occasione per rendere più completa la mia cultura. Ma si sa, come ci insegna il divino Rimbaud “nessuno è molto serio quand’ha diciassett’anni”».