Si arricchisce di nuovi contorni la vicenda dei rifiuti che, da settimane, vede protagonisti l’Ato Toscana sud e il gestore Sei Toscana di un’inchiesta che in pochi giorni ne ha decapitato i vertici. Qualche giorno fa Giacomo Termine, sindaco di Monterotondo Marittimo, Andrea Benini, sindaco di Follonica, Marcello Stella, sindaco di Scarlino, Francesco Limatola, sindaco di Roccastrada, Marcello Giuntini, sindaco di Massa Marittima, Nicola Verruzzi, sindaco di Montieri, Elisabetta Iacomelli, sindaco di Gavorrano, hanno pubblicamente chiesto informazioni a Sei Toscana in merito a indiscrezioni su una «possibile acquisizione dell’inceneritore di Scarlino da parte di Sei Toscana tramite l’acquisto di quote azionarie di Uch Holding s.r.l., società che detiene una partecipazione in STA Spa». «Vogliamo avere chiaro il comportamento e le azioni intraprese dal cda di Sei Toscana. Pertanto chiederemo al nostro socio, COSECA, di entrare in possesso e di trasmetterci il verbale del cda. Ci preoccupano, infatti, in questa fase così delicata operazioni altamente rischiose che potrebbero incidere negativamente sulle tariffe e che meriterebbero adeguato approfondimento e che non risulterebbero contemplate nel piano industriale di SEI Toscana». In seguito a questa nota, il sindaco di Montieri, Nicola Verruzzi ci invia un suo intervento che volentieri pubblichiamo, nella speranza che permetta il dibattito più ampio possibile su un tema che riguarda tre territori provinciali.
di Nicola Verruzzi
«Premetto, e la premessa è da ritenersi assolutamente parte integrante del testo, che questa mia è l’umilissima riflessione di un sindaco di campagna, di un primo cittadino di un comune che, “per colpa” delle proprie dimensioni, ha giocato un ruolo, in tutta questa vicenda, ab origine, o meglio dal mio insediamento, due anni fa, momento nel quale si era già costituito l’Ato ed era già stata aggiudicata la gara per il gestore unico, da poco più di semplice spettatore, forte del suo “0,” in assemblea Ato Toscana Sud.
Non ho mai visto di buon occhio la creazione di un ambito territoriale con oltre cento comuni, 106 per la precisione; credo sia ormai ben noto il mio pensiero sulle logiche di area vasta, spesso vastissima, nella gestione dei servizi pubblici locali. Purtroppo si allontanano le scelte e le decisioni dai cittadini e dai territori, che ne sopportano peró poi gli effetti, relegando i Comuni, soprattutto i più piccoli, al ruolo di esattori ed i cittadini a quello di portafogli.
Non si comprende questa logica permeata da questa filosofia gigantocratica che va ben oltre la concezione di omogeneo ed ottimale per spingersi a costruzioni enormi, mastodontiche, che sfuggono, poi, appunto, al controllo degli enti territoriali ma soprattutto dei cittadini, coloro che finanziano, in ultima istanza, la gestione e la loro sopravvivenza.
E’ dura, dunque, ricevere le lamentele dei cittadini, gli appunti su di un servizio troppo caro o non sufficientemente efficiente e possedere ben pochi margini di manovra. E’ un sottile equilibrio, quello in cui ci dobbiamo muovere, tra il mantenere in vita un servizio tutto sommato congruo per il territorio con un corrispettivo di costo, che grava interamente sui cittadini, che sia in un certo qual modo quanto più sostenibile possibile. E ciò, molto spesso, non si traduce in un servizio efficace o proporzionale con il corrispettivo da sostenere.
Partirei snocciolando alcuni dati a conforto di quanto esplicitato: la raccolta differenziata, secondo dati dell’Ispra riferiti all’annualità 2015 per le tre provincie ricomprese nell’Ato, Grosseto, Siena ed Arezzo, si colloca rispettivamente al 30, 39 e 31 per cento.
A questi si aggiungono il costo annuo pro capite più alto del centro nord Italia, dopo il Lazio, e la più alta produzione di rifiuti pro capite dell’intero centro nord Italia, dopo l’Emilia Romagna.
Sono questi i dati dai quali partire per un’analisi complessiva della gestione unica del ciclo dei rifiuti nelle province summenzionate. Ed è in questo scenario che dobbiamo calare la notizia degli ultimi giorni, ossia la presunta acquisizione da parte del cda di Sei, poco prima delle dimissioni in blocco, di quote di Scarlino Energia, la società che gestisce l’impianto di cogenerazione ubicato nel territorio comunale di Scarlino ed oggetto, negli ultimi anni, di numerose vicissitudini che, è qui, superfluo ripetere.
Se è da un lato incredibile come si possa andare a perfezionare un’operazione come questa, in un momento come quello attuale, con un deficit informativo nei confronti dei Comuni e dei territori costituenti l’Ato e perdipiù un’operazione non contemplata nel piano di gestione dei rifiuti, come appunto l’impianto di Scarlino Energia, non è la questione in sè che fa balzare sulla sedia quanto la mancanza, soprattutto in un momento come quello attuale, di una riflessione organica ed a tutto campo che verta sulla gestione del ciclo dei rifiuti.
Parlare ancora di incenerimento è quantomeno antistorico nonché in contrasto con tutti gli obiettivi europei e mondiali sul clima e gli obiettivi di raccolta differenziata fissati per legge.
Non riuscire a comprendere le potenzialità di questo settore, il rifiuto come risorsa, non pianificare in un ottica circolare il ciclo, non ritornare ad ambiti di gestione veramente ottimali ed omogenei che si affranchino da questa logica di gigantocrazia, apre voragini enormi oltreché ambientali anche economiche ed occupazionali. Non si coglie l’enormità di un’occasione che potrebbe aprire scenari assolutamente importanti per il nostro territorio e fornire risposte economiche ed occupazionali a chi, tutti i giorni, ne è alla ricerca.
L’occasione veramente mancata, a mio modestissimo parere, sta proprio nella strutturazione della gara d’appalto e nei suoi capitolati. Una gara da 3,5 miliardi di euro, con una durata ventennale, da 170 milioni di euro all’anno, avrebbe dovuto fissare step precisi imponendo al gestore obblighi rigorosi d’investimento volti a riconcepire il ciclo verso un’accellerazione decisa delle percentuali di differenziata in tutti i Comuni dell’Ato nonchè verso un ammodernamento, se non, quando necessaria, una riconversione degli impianti per cogliere le opportunità che questo settore offre oltrechè in termini ambientali anche da un punto di vista economico ed occupazionale.
La circolarità, reale del settore, una spinta decisa verso la riduzione nella produzione dei rifiuti e verso un sostanziale riuso e riciclo aprirebbe scenari economici ed occupazionali assolutamente tangibili.
Se la bufera che ha travolto i vertici di Ato e Sei Toscana getta ombre inquietanti e non fa che alimentare il gap di fiducia, dilagante, che purtroppo serpeggia tra moltissimi cittadini nei confronti delle istituzioni e della gestione dei servizi pubblici locali, ritengo assolutamente prioritario che più di parlare di commissariamento o di nuove nomine, si dovrebbe approfittare di questo momento per aprire una riflessione generale e chiedere, con forza, un ripensamento ed un salto verso il futuro della gestione del ciclo dei rifiuti in questi territori oltrechè, naturalmente, riportare gli ambiti a costruzioni realmente ottimali ed omogenee».