«Non mi sembra si possa stabilire di autorità cosa può offrire un ristorante. Può essere un’idea che ha una sua dignità per quel che riguarda la memoria storica, ma non penserei di imporla. Meglio sarebbe un impulso spontaneo nella prevalenza dei ristoratori fiorentini. L’intenzione è lodevole, ma ogni ogni cosa obbligatoria da lodevole può diventare dannosa». Così Vittorio Sgarbi, ad un incontro tenuto allo Chalet Fontana di Firenze, ha commentato il disciplinare approvato dalla giunta Nardella dedicato al cibo collegato al regolamento per la tutela e il decoro del centro Unesco che prevede l’utilizzo del 70% di prodotti di filiera corta o del territorio per i ristoranti che vorranno aprire nel centro storico di Firenze.
Nardella va avanti Nel frattempo proprio il sindaco di Firenze Dario Nardella tira diritto sull’idea di imporre l’obbligo ai nuovi ristoranti di inserire nel menu il 70% di prodotti di filiera corta toscana. «Nelle prossime due settimane saranno studiate proposte di modifica – ha sottolineato Nardella -. Ma c’è unanimità e condivisione sul valore del regolamento Unesco per la tutela del centro storico. Nessuno ci venga a dire che qui siamo provinciali o leghisti, siamo una grande città che ha una spiccata vocazione internazionale perché abbiamo saputo tenere la nostra identità. Per noi la modalità del 70% non è un tabù – ha insistito Nardella – né come quantità né come metodo, e siamo impegnati a trovare un metodo anche più praticabile e efficace». Obiettivo centrale è duplice, ha spiegato Nardella: «Da un lato tutelare la filiera alimentare che fa parte del patrimonio culturale legato al centro storico Unesco, e dall’altra parte tutelare anche il commercio e la ristorazione internazionale di qualità».