anquillettiE’ morto Anquilletti.

E’ un peccato.

Vedevo le sue fotografie circolare su facebook (era il giorno della strage di Parigi, e l’attenzione era rivolta tutta lì) e non riuscivo ad afferrarne il senso. Poi ho letto la Gazzetta, ed ho realizzato. Mi è dispiaciuto molto.

Tra l’altro, dieci e lode alla “Rosea”, che avrà mille difetti ma quando si tratta di pennellare i cosiddetti “coccodrilli”, stacca tutti di dieci lunghezze.

Il pezzo su “Anguilla” era tenero e ben fatto. Affettuoso e senza retorica, come doveva essere quel calciatore che si è spento (neppure vecchissimo) a causa di quei mali che non lasciano scampo.

Non vorrei mancare di rispetto al campione (che Anquilletti non fu mai, e lui era il primo a riconoscerlo), ma quello che colpisce di più, nella descrizione, è la grande semplicità dell’uomo.

Che vinceva scudetti, coppe dei campioni, vestiva la maglia azzurra, ma un uomo semplice e perbene rimaneva. E, nonostante tutto, quando parlava, lo faceva in dialetto: quel dialetto milanese che ti immagini negli sketch di Cochi e Renato, o in qualche conversazione tra Enzo Jannacci e Beppe Viola (morti anche loro, porca miseria…).

Gran bel mondo, quello dove i calciatori si chiamavano Anquilletti, e si esprimevano in dialetto… E’ una cosa che non si usa quasi più, non solo tra i calciatori. Oggi il dialetto non va più di moda: si parla, invece,  il linguaggio della televisione. Un esperanto composto da un italiano postmoderno, una spruzzata d’inglese e molte frasi fatte prese in prestito dai social network… il giorno che Insigne del Napoli infilò due frasi (bellissime, tra l’altro) nella lingua di Eduardo, lo presero per il culo due mesi.

Anquilletti no.

Anquilletti, e quelli come Anquilletti. Che finivano sulle prime pagine dei giornali ma, evidentemente, non rinunciavano ad essere quello che erano: persone semplici e perbene, anche se le vedevi in mondovisione.

Che negli spogliatoi avevano “El sciur Rocco”  e non “il Mister” (Rocco parlava il triestino, e il giorno che lo chiamarono Mister si offese a morte), e come compagni di squadra avevano gente come Lodetti, per esempio… Giovanni Lodetti, detto “El Basletta”, da Nova Milanese… Un “pais”, secondo la definizione di Gianni Brera.

Quel Lodetti che al suo vecchio amico è rimasto vicino fino all’ultimo. Fino quasi a chiudergli gli occhi, dice la Gazzetta. Perché così si dovrebbe fare tra compagni di squadra: calciatori del caro, vecchio Milan, che venivano dai quartieri più umili, ma poi si rimboccavano le maniche ed andavano ad espugnare Wembley, o a battere la Grande Ajax di Johan Crujff.

Gran bella gente, quella come Angelo Anquilletti. Nato a San Donato Milanese, il 25 aprile 1943 (le figurine Panini a qualcosa saranno servite). Altezza 1,75 cm, peso 75 kg.

Mi piacevano, quei calciatori lì.