SCANDICCI – Non ci sarà più un’anima toscana dentro i capi di Hugo Boss. L’azienda ha deciso di chiudere lo stabilimento di Scandicci (Firenze) e per 21 lavoratori, più una con contratto a termine, è stata avvia la procedura di licenziamento.
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Per i sindacati, che oggi hanno tenuto uno sciopero davanti all’azienda, si tratta di una decisione “illogica e irricevibile”. Dal sito fiorentino, impegnato nello sviluppo del prodotto delle collezioni di pelletteria e delle calzature per donna, a livello di prototipi e di campionario, le lavorazioni passeranno in Asia e Portogallo.
“Per giustificare la scelta, l’azienda ha comunicato che le tendenze dei mercati e dei gusti dei consumatori non sarebbero più interessate al Made in Italy. Questa affermazione è falsa, grave e inaccettabile, e nasconde solo un’operazione speculativa – hanno affermato Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, decise allo stato di agitazione fino a quando non sarà ritirata la procedura di licenziamento – Si è di fronte all’ennesima delocalizzazione operata in danno ai lavoratori col solo fine di massimizzare i profitti. Si tratta inoltre del primo grande brand di moda che se ne va da Scandicci, anziché arrivarci. La questione quindi interroga, oltre che il mondo del lavoro, anche quello delle imprese e delle e istituzioni: mentre altri brand investono da noi, questo è uno schiaffo a Scandicci e al polo toscano della pelletteria, quindi chiediamo alla Regione e a Confindustria Moda di aprire subito un tavolo sulla vertenza”.
Al presidio era presente anche il sindaco di Scandicci, Sandro Fallani. Domani previsto un incontro in videoconferenza tra azienda e sindacati.
Su quanto accaduto a Scandicci, è intervenuto anche il sottosegretario di Stato ai rapporti con il Parlamento Deborah Bergamini. “La zona industriale di Scandicci si va impoverendo sempre di più. A breve 22 operai della Hugo Boss non potranno più varcare la soglia dello stabilimento per continuare a produrre i prototipi di pelletteria per donna del noto brand. Le motivazioni dell’azienda al momento non appaiono chiare, parlare di scarso interesse verso il Made in Italy non sembra plausibile, considerato il successo e l’interesse che riscuotono i prodotti toscani in tutto il mondo. Le imprese, oggi più che mai, dovrebbero valutare le mutate condizioni economiche del nostro Paese, le promettenti prospettive di crescita e, non da ultimo, la maggiore decontribuzione sul costo del lavoro. Tutti aspetti che incrementeranno nel breve termine la produzione industriale. Auspico, quindi, che venga promosso un tavolo di confronto tra azienda, lavoratori e parti sociali così da raggiungere un accordo e ristabilire la piena operatività della fabbrica”.